Nicola Barbato

Poesie inedite
26 Settembre 2024

 

C’è una letteratura per quando sei disperato, non solo una letteratura, bensì un linguaggio che viene abitato da un certo tipo di lettore, che "non può leggere altro che letteratura disperata o per disperati"*. Credo che Nicola scriva per questa specie di lettore e sia quindi un poeta disperato (che non vuol dire una persona disperata, tutt'altro), che nelle sue poesie ci sia la disperazione della scintilla che "non esplode la scintilla e non esplode / non esplode la scintilla la / che ridere che ridere", di un'Aversa che "pare una barzelletta /sulla morte". Ridere fino a strapparsi le rughe dagli occhi, avere gli occhi verdi da non crederci e i piedi nel cemento fresco. Se con la sua poetica Nicola Barbato traccia una topografia lisergica ("le cicale sono senza sosta e a sinistra l'eroina") non sono i luoghi a essere abbandonati, ma noi che "non veniamo più da nessuna parte". È una poesia difficile da digerire, anche da pensare (il pensiero fa ci fa sentire assassini) ma non è questo a rendere disperata la poesia di Barbato, perché niente è più lontano dalla tristezza della disperazione. È una tenerezza grande, qualcuno che viene a salvarti la vita, un'amica che ne gira un'altra e scompare e ricompare, una vita che si spalanca tutta avanti.  E ancora la tenerezza, una tecnologia della visione, la chiave di lettura per questa breve selezione di testi dove non c'è tregua, le porte sono aperte anche se non ti piacciono- e non solo le porte ma tutto, tutto "è aperto è aperto è tutto è tutto aperto / aperto per noi".

 

(Si consiglia la lettura delle poesie con il telefono in orizzontale)

 

*

Le cicale senza sosta e a sinistra l'eroina 

se li mangia a quelli come lui

che morde la pesca e la divora e il succo 

di mora gli servirà a qualcosa come

il succo di limone (in una bottiglietta

a forma di papera - cosa unisce limone

e papera a chi interpreta a chi vende)

e butta l’acqua sui fantasmi (un rituale chiaro a chi si droga 

ma io marijuana poca roba ché digerisco male)

(i fantasmi sono idrofobi - lui lo sa, lui lo sa che

sono poca roba, un’indigestione

della presenza, una scorreggia silenziosa

che puzza e le ombre arbre magique

della sostanza) e ci sono cosce nude di donna

è stato un attimo è stato solo un attimo

e qui già fa caldo fa caldo e mancano

il tiro da tre ma puntano scartano attaccano

e infine ridono comunque ridono

e tu e qualche borghese piangi

comunque piangi una lettera del mio nome

e ne piangi due di chi? (il pensiero mi fa sentire

un assassino) e forse s’assomigliano nel modo

in cui le piangi (il pensiero mi fa sentire

un assassino) e qualcuno viene a salvarmi

la vita, un’amica ne gira un’altra

                                            dov’è Naomi?

e solo la vita si spalanca:

ancora un po' di vita

tutta avanti e l’orizzonte

e l’infinito sono roba da bastardi 

un'altra poesia a dirmi

ciò che non so dire. Le camminate. 

Le lunghe camminate sotto al sole.

 

*

 

Le lunghe camminate sotto al sole. 

Via ogni presupposto di decenza 

tutto va già a fuoco in partenza

1 orizzontale: ilventicinqueluglioaversa 

pare una barzelletta

sulla morte (come quando

Mattia dice che siamo drogati

ridendo fino a strapparsi le rughe

dagli occhi: «ehi amico

siamo belli come scheletri di cemento sopra 

il mare») e hai gli occhi verdi da non crederci 

e i piedi nel cemento fresco e rido e ridi

è surreale! è onirico, dici.

Ora sono un po' della tua luce e il treno

fa ridere stavolta che arrivederci e brilli

 

*

 

Rido ridi e tu brilli brilli

vedo. da te. scandisci: tu come

un portale per la meraviglia

ma anche meno molto meno

che non ti piacciono le porte

ma ora sono aperte

e qui ci sono i pazzi

«è un cannocchiale?

no, un cannone»

la tenerezza è un colore: una tecnologia

della visione ma sarà il caldo

è aperto è aperto è tutto è tutto aperto

aperto per noi ci sono i pazzi per noi

ci sono i pazzi, tu li senti, li conosci

ci pensi o sei pazza anche tu? Sei pazza? Una

lavatrice panni morti panni lavati due volte 

la scintilla

e non esplode la scintilla e non esplode

non esplode la scintilla la

che ridere che ridere

come il cemento fresco

tu che ti scusi con i pazzi

che lavorano come i pazzi,

che ridere

una flebo a mò di cappio

che tu ti sognerai,

frequenze, tu le senti, le conosci

o sei pazza anche tu? sei pazza come i bambini. 

I bambini che danno le caramelle alle guardie.

 

*

 

Roma è la città più fresca

d’Italia se fai vedere le cosce ai vecchi

che beati se schiattano con la tua immagine 

negli occhi.

 

*

 

Dario al contrario è un'azione

terroristica. Dario è il nome di una banda 

armata di ciù ciù a limone.

Dario è come potresti chiamare

un cane a pelo riccio che non sa

portare la palla indietro perché si confonde 

con l'ombra di una coda.

Dario ha paura della luce.

Dario è l'università della strada. Dario è dire 

Mattia con qualche differenza. Dario è il vuoto 

che rende la riga verso. Dario è Dario anche 

se non lo sa.

 

*

 

I cani ci vengono incontro. Ci abbaiano.

Ci sbarrano la strada. Siamo nei paesi della legna. 

I cani sono amici, lo sappiamo, continuiamo

a camminare, sappiamo che dietro l'angolo

c'è quello che cerchiamo, un altro passo e ci sarà 

l'acqua, qualcosa da mangiare, da vedere e 

incastrarselo negli occhi mentre si fuma in più. 

Convocare le stelle fa ridere, sono sopra di noi,

le indichiamo, possiamo prenderle e lanciarle

in faccia a qualcuno, lontano. Lo faccio.

Le mani di mio padre, scale di roccia, fichi d’india 

pieni di spine, il mare tutto avanti, i gabbiani

che inciuciano. I cazzi da fuori, delle tette 

sporche come può piacerti. Se non c'è spazio

le cose non possono uscire, respira, respira.

Ce ne sarà di tempo. Un tempo tutto azzurro

e uno scoiattolo bianco che zampetta e va di là.

 

*

 

Non veniamo più da nessuna parte.

Ci siamo frantumati nelle strade,

abbiamo sbagliato a parlare, i cani

hanno detto ad alta voce i nostri nomi

e una luce sulla testa ci denuncia

come la coda che ci spunta e ci sporge

al tutto che ci sfilaccia e ci rompe: abbiamo lingue 

di fanghiglia, demoni sulle ciglia

e a mezzogiorno stendi i panni sporchi 

puliti appena li tocchi.

Ho le mani perché hai il tuo corpo,

ho la lingua perché hai il tuo corpo: 

siamo ciò che possiamo dare

fino in fondo: diamo ciò che siamo

fino in fondo: ci sparano alle gambe,

ci sparano al cuore. Fuggiamo veloce

che qua è proprietà privata amore: il mare

a settembre non appartiene più a nessuno. il mare 

da settembre riposa quanto vuole.

 

 

 

 

Nicola Barbato (Aversa, 1996) è laureato in filologia moderna all’Università di Napoli Federico II. Attore e drammaturgo, fa parte della redazione di Inverso – Giornale di poesia e del collettivo Diverbio. È stato finalista nazionale del campionato di Poetry Slam (LIPS) per due anni consecutivi (2023-2024). Alcuni suoi versi sono apparsi su riviste italiane e internazionali.

 

 

 

Foto di Sofia Cartuccia

 

 

 

*questa frase viene da "I detective selvaggi" di Roberto Bolaño (Adelphi, 2014).