Danilo Paris – Ciclo di Ankh

30 Luglio 2025

 

 

 

NDA: I corsivi sono di Danilo Paris e raccontano lo sviluppo e la struttura del lavoro qui presentato, mentre i grassetti sono note a margine e suggestioni personali. 

 

Laborintus è il primo canto del Ciclo di Ankh, un ciclo inedito che segue ai tre cicli inclusi nel poema segnature e filogrammi, in uscita prossimamente su FalloneEditore.

Il canto si è sviluppato attraverso un laboratorio performativo per nove partecipanti, una serie di esercizi gestuali per elaborare i concetti della sorveglianza e della fuga. Laborintus destituisce l’Io scrivente mettendo insieme materiali eterogenei non puramente letterari, ma eterogenei in quanto Altri. 

 

La performance finale, intitolata appunto Laborintus, era un libero sviluppo del Laboratorio, una partitura per sei Mhyr, quattro maschere e Un narratore. La partitura della cordicella è una fuga creata attorno ad alcune costanti, un teatro generativo in cui la forma laboratoriale diventa restituzione stessa. 

 

 

 

Una poesia non esiste in un vuoto, ma in uno o più territori. In questo caso: la pagina (fisica o virtuale), il luogo che ospita la performance e lo spazio della performance, non localizzato ma strutturato. il corpo/ i corpi in scena aggiungono un'ulteriore dimensione all'opera, che diventa temporanea e irripetibile. Nella sua forma libro, invece, il Ciclo di Ankh sovrappone al testo figurazioni: forme e colori sulla pagina, che a loro volta si intrecciano alla parola scritta. A chiudere questo canto è un cerchio semitrasparente: opposto alla linearità della corda, forse lo sciogliersi dell'intreccio o il suo cambiare forma (sul sito, purtroppo, non compare).

 

Il canto radica la ricerca archivistica sul territorio che ospita la performance a geografie sistemicamente altre. Il rinvenimento di un progetto per un campo di concentramento che non fu poi realizzato e la posizione privilegiata del Palazzo, di fronte alla via principale per Roma, quasi zona doganale, e il passato nobiliare del palazzo di sfruttamento della cittadinanza ridotta alla fame sono il tessuto traumatico che consente la connessione per lo studio dell’architettura dell’occupazione israeliana in Palestina.

Architettura dell’occupazione come architettura militare: schizofrenia spaziale, delirio delle suddivisioni territoriali.

 

 

 

Il territorio in cui abita il ciclo di Ankh non va immaginato come una tabella ma come un tappeto su un telaio (la storia della tessitura segue passo passo quella dell'umanità). I rifermenti interni esterni diventano la vera e propria trama. Se Laborintus nasce da un laboratorio, da un abitare insieme, anche testo e tessitura condividono uno spazio sul dizionario etimologico: entrambi derivano da textus. Con strumenti grafici, performativi e lessicali (sempre condivisi) in Laborintus si cerca la riduzione del textus alla sua forma più semplice: la corda, il filo che orienti nel labirinto. Infatti:

 

Il canto-performance è la forma di un decentramentoregistico e quindi autoriale. Se in Sanguineti questa devianza di un Io post-atomico sgretolato è conseguita seguendo la mescolanza di più materiali letterari, il Laborintus dell’Era nostra è possibile solo togliendo proprio di mezzo questo scrittore, che resta solo una specie di brusio laterale sulle spalle e sulle braccia e gli schiamazzi dei performers, vera sublimazione della scrittura degli eterogenei. La direzione è continuamente rovesciata, inserendo nello sviluppo creativo altre figure. Il workshop Non dalla mia parte, curato da Samuele Chiovoloni, un focus sulle tecniche di immedesimazione nell’Altro; il laboratorio su Kafka, curato da Giammarco Pizzutelli, per indagare i movimenti macchinici del potere di controllo e le vie di fuga della deterritorializzazione. Il workshop di disegno sugli spazi di controllo, diretto da Giampaolo Parrilla, in cui l’annotazione su taccuino diventa una forma di resistenza, un modo per visualizzare in che modo il potere incapsula nelle architetture i suoi messaggi e i suoi strumenti di controllo.

 

Abitare uno spazio vuol dire occuparlo. Occupare un luogo è un atto di potere che non va sottovalutato. Per parlare a qualcuno, in un luogo preciso, e dire qualcosa di realmente significativo (davvero contemporaneo), la letteratura, come ogni forma artistica,  deve prendere atto del proprio potere e scegliere come impiegarlo.

Nel Ciclo di Ankh Danilo Paris estende il raggio d'azione del testo a confini immaginativi estremi, nel tempo e nello spazio, resi attuali nella performance e nella lettura, unite da una caratteristica fondamentale: una possibilità di movimento pressoché illimitata. Una performance può avvenire ovunque e in qualsiasi momento, un libro può essere letto dappertutto, a qualsiasi ora del giorno e della notte. Non è un caso che il festival organizzato annualmente da Danilo a Ferrentino si chiami "Festival dell'arte nomadica"- il nomadismo, come schizofrenia spaziale ma soprattutto come gesto di resistenza, come presa di posizione anti-totalitaria, è senza dubbio uno dei temi portanti di segnature e filogrammi.

 

 

 

 

Ciclo di Ankh

 

Canto I

LABORINTUS

 

Partitura per labirinti e cordicelle

 

I movimento: il nodo

(L’intreccio è immobile, aggrovigliato al centro.)

Stanno fermi, si muovono.                                                                                                          Tra il muro e Magaribha sotto la piazza dove scavano, la soglia li dirige al timbro.    .                     E sotto tra Sha'ar HaBursekaim e Sha'ar Ha'ashpot il velo è il velo a tempere chiare e punto spirale e circolo

E dietro il velo sta il linguaggio, dissodato                                    e il velo tolto a zolle lascia entrare il seme e Ha-Sefarim.

Stanno fermi. Si muovono. Da Khirbet Ayn al-Tut, la rovina trapela nel gelso e                                              gli sgocciati si orientano,

  a bruciapelo, nella sorgente mancata a bisso.      

La fibra stira a sottosuolo e superficie fuso e annesso                                                                                  e dal boccio si sfila, a più livelli, l’in-visto Shufuat.     .

E sotto, tra Anatot  Piskat Ze'ev e Ramat Eshkol,                                                non s’annida il ceppo nuovo della Roccia,                                                                                    ma il Nyampur delle fonti, sbucciato a due e tre, a quattro e cinque, a otto e settecento.                       

E dal buco sgorgava il Tanto, il non diviso

         e per linea si forava il becco in Ariel e Bar Lev/ fortificata a breccia.  

II movimento: il labirinto

E sotto, la linea, impilate sull’argine e Negev,                                     scorrevano i Mhyr dei nessi e dei fusi                             e del nodo scisso a pezzo.

Non erano sopra a colonna di Etzion                                         in scalo per targa e Al Arroub e raggio 

Li teneva ḥut qaṭrah ed era filo e goccia                                        ed era tufo nel muro in contrada e fango.

ḥut qaṭrah, filo e goccia:

“Io non sono l’estratto, ma la goccia                                            e la perla di gesso e loppa                                    tra quattro cento trentatré Modi’in e Al-Muwahil                                     passano stretti l’esterno custodia dell’occhio

Ero il segno del registro sotto Nablus nel tornello                                   estuario e glossa del numero trasparenza letterale terminal uscite trasparenze umanitarie        

 

Ero filo e scheggia di sapone coro di pietra e limite inverso nodo di Brahma Kolan Pavitran nodo di Amma arca appesa alla catena rame ferro scende per i suoi raggi Huwara bando nei conteggi nome accesso terre di risulta sui faretti le tende le cornici degli specchi        

Io ero la goccia aggiunsi una stilla                                            ogni Lodato* محمد  si spenge* مخمد nel passo l’editto                                       E lo spento è nato mukhammad nodo senza corda il sole varca le corna                                   e il Libano si cambierà in frutteto                                                                    e il frutteto sarà considerato una selva                                                            Udranno in quel giorno                                                                                               i sordi le parole di un libro;                                                                  liberati dall’oscurità e dalle tenebre                                                    gli occhi dei ciechi vedranno.”                    

 

Dietro                                                                            la colonna tira il filo ḥut qaṭrah  nella vena coglie  nella vertebra la goccia  Adu Bis, controvento, per Wadi Al Joz otto metri di parete ginn delle cascate carro di conchiglie pietre pollici bruchi spianata per diaspore in cemento armato chiusura imposta dall’aria un filo d’aria passa un filo di terra passa tra Ramat Shlomo e al-Ram cava di sabbia un tubo in radice si striscia Hizma, ricambi di auto qalandia fontana che rode route 433 poli d’acciaio drenaggio condotto Beit Ur al-fauqa i camion in testa fuori Bir Nabala.

 

III Movimento:

Li interpella Miġzal Pèlek, L’arcolaio.

(E l’intreccio subito si irrigidisce)

-Dite, se sapete, cosa divide il coro dal nesso?

(I Mhyr reagiscono, come stimolati da elettrodi, compongono la prima sequenza del codice dei labirinti, una sequenza di quattro codici gestuali. Segnalare contaminano i vissuti dogana.)

-Segnalate, adesso, il tratto che redige la banda e il canto del primo venuto.

(Secondo codice)

-Il registro vi straparla. Vi insapona il muso. Correggete il tiro allo strillo.

(Terzo codice)

-Ho esaudito la forma in enclave. E a Lod compilo gli esempi. Voi siete esempio?

(Quarto codice)

-Conoscete valico ed Erez e lo specchio e l’agente in filigrana.

(Quinto codice corrisponde alla forma dell’intreccio iniziale in nodo)

 

Verifica e vocabolo prodigio caldaia e sibilla salta il tratto evacua l’archivio contiene capelli                       il cassetto rimanda a passo d’agrumi e campo di salvia parte il sole nubi caligine architettura opera d’urgenza  detrito passa la forra e tenaglia guinzaglia a vetro e l’intestino trafora Qalandiya contratto e lunge le sacrate tende e la cittade al lito e il filo spinato Ras Khamis lungo i muretti e gli orti e fichi e lamiere    giù nel tunnel di piovano serpente, nel suo grembo di nitrato e ferrovia dismessa, giù nel tratto e il meandro intorno al doppio asse, il nodo ruota attorno al toro e Gush Emunin disposizione al blocco vedean al porto trattar veloci e cavi e temporaneità permanente al transito e al fuoco delle belve temporanea emergenza i lotti a cerchio di montagna e mitzpe sgranato finestra pittoresco fin là dirupi e ruine sparsa ogni strada veggiono l’altare e mhyr distinta, correzione dello svolto gruppo al secolo in terebinto cedro e mirto.

“Non vedono”, mi dice ʿIlāqah, spolpando il carrubo dal fosso.                                    Non vedono blindato per fede ibis di legno akh le ore tra le dita                                       Non vedono fra le dita e l’ombra                                                               proietta sulla fronte                                                                                      la corda                                                                                                                                              estratta dalla bocca da qui provengono le stelle

I mhyr i mhyr i mhyr leggevano la sura del leccio e di nigella.                    

IV MOVIMENTO:        

(Intreccio si libera in più direzioni. Parlano i Mhyr. E la voce è il primo sussurro che scioglie.)

 

Mitāhah, Mhyr dei licci: 

Sono la prova di quello che non resta. I dati cadono dalle teche come pezzi di intonaco. Non sto da quella parte, dove quelli si rovesciano nel giro. Né dove Geb si specchia in Nut. E rimarrò, racchiuso in me stesso.

ḥayrah, Mhyr dei nodi:

Non sa quale è il nome delle stagioni, così mangia nell’ombra sotto la fronte, la tiene sul filo che apre la porta di corna.

Kesher, Mhyr delle stagioni:

Apri il passaggio per la bara dei meandri e annoda la via al tratto che si rinserra.

ʿIlāqah, Mhyr dei nessi:

Da tutte le parti si alzano a festa per le sue rovine. Io non sono il timbro, ma la cancellazione. E sono pronta alla cancellazione.

Io non sono il timbro e l’epoca è il timbro nell’appropriato involto.

Epoca schiusa iniziale di sue minime punte aguzze, come si tiene il gracile sulla punta dell’asse del cocchio. Epoca delle occupazioni e della ferocia.

Io non sono il timbro dell’epoca, ma l’epoca ha un timbro e su di me lascia una traccia nel cancellato. Scrivo sul muro di spessore tolto il versetto di Isaia.

Sibbukh, Mhyr dei fusi:

Lo vedo come appare lasciando sgombra l’aria. Non parla la lingua dei messaggi. 

ḥayrah, Mhyr dei nodi:

O labirinto, ti stringi sulle mie ciglia.

O intreccio, scolora la maceria.

O filo e Nahal, dirigi lo spettro alla sua casa.

Yuḥarrir ol nīr, Mhyr del filo sbrogliato:

Quando è entrato da una delle sue porte, era già verso il centro dove se non c’è un altro che non è lui si spinge sui bordi. Dove non è l’altro non riconosce la sua spedizione al centro rovesciato sul perno. Lo hanno chiesto ai sette nodi, al cromosoma ripiegato, in bilico sul ponte sottile e sulla ferita.

 

V MOVIMENTO:

 

Stanno fermi, si muovono. Coro1: Stanno fermi si muovono si bloccanocoro2: strisciano, resta appeso uno, l’altro stremato si lascia cadere

e dal boccio sfila a più livelli        Coro1: strisciano stanno fermi uno si muove coro 2: uno si arrampica, si cala giù, l’altro risale       l’incarto             CORO1:dei loro inizi, delle stanze aperte                            dei loro passaggi    coro: un cartoccio di piccoli incarti, di furtarelli                    l’intreccio è un segno sui polsi

il nodo mi taglia, 

mi brucia i polsi        coro: non si scioglie, non si scioglie, non si scioglie.

 

Coro: SHHHHHHH.

(In cerchio i Sei Mhyr intonano in risposta la sura dei silenzi, come grilli nella notte. Ad uno ad uno l’Arcolaio presta ascolto al frinire e ne riporta indietro il messaggio.)        

“Lo senti, Sibbukh?    “, le chiese Mitāhah, Mhyr dei licci.                                       “Si scioglie e s’avvia al centro”

“Si”, risponde Kesher. “E sono le madri. Che vanno. Noi andiamo al centro. Noi non andiamo.” 

“Fino al più piccolo granello”, dice Yuḥarrir ol nīr. “Al vento, nel Mitpu”

“A janma, la rotta dei congedi”, mi sussurra con un sibilo ḥayrah, Mhyr dei nodi.

“Siamo i figli, non il filo”, dice per ultima ʿIlāqah, Mhyr dei nessi.    

 “Come gocce cadiamo nell’arca del grano

 alla funicella 

    insegniamo la lingua al tamburo i suoi palmi sono le orecchie e noi battiamo sulle pelli 

la resurrezione della matrice prolifica

            la parola intercalata nel vuoto della stoffa

 

sull’asse i Nirgrantha gancio a medesimo giro bocca formicaio il grande bruciatore                         

 

l’incenso spira a branche”.

 

 

NOTE/ GLOSSARIO:

 

Magaribha: Dopo la Guerra dei Sei Giorni (1967), Israele conquistò Gerusalemme Est, compresa la Città Vecchia.

·  Il quartiere fu demolito pochi giorni dopo la conquista, per creare l’attuale spianata davanti al Muro del Pianto, oggi usata per le preghiere ebraiche.

·  Circa 135 famiglie musulmane furono espulse o trasferite con la forza.

 

 Sha'ar Ha'ashpot:  Porta del Letame e Porta dei Tintori
 

  Ha-Sefarim: i libri sacri, la Bibia Ebraica nel Tanakh,
 

Khirbet Ayn al-Tut: il villaggio originario di Deir Yassin fu raso al suolo nel durante la guerra del 1948 dai gruppi israeliani paramilitari sionisti Irgun e Lehi durante il massacro omonimo
 

Anatot  Piskat Ze'ev, Ramat Eshkol e Etzion: Colonie Israeliane

Al Arroub: Campo Palestinese
 

Modi’in: Città Israeliana
 

Nablus: A Nablus c’era un posto di blocco
 

Brahma Kolan: i kolom  sono disegni indiani, vengono adoperati per proteggere la soglia delle abitazioni e secondo la tradizione sono dei labirinti, dato che rappresentano un ornamento o un groviglio che serve per"intrappolare" o fuorviare gli spiriti maligni che volessero introdursi in casa.
 

Qalandiya:  checkpoint di Qalandiya.

La costruzione del muro ha avuto un grande impatto sulla storia dell’aeroporto, rendendolo inaccessibile e invisibile per la maggioranza dei palestinesi. 

 
Ras Khamis: Quartiere diviso da Gerusalemme da un grande muro.

 

Gush Emunin: è un movimento politico messianico sionista israeliano sorto per agevolare la formazione di insediamenti agricoli ebraici in Cisgiordania, nella Striscia di Gaza e nelle Alture del Golan siriano, vale a dire nei territori palestinesi occupati da Israele con la guerra dei Sei Giorni del 1967 e rivendicati come parte integrante di Erez Israel dalle componenti religiose e sioniste più oltranziste operanti nello Stato israeliano.