Ruben Londero - poesie inedite

"Asili"
16 Dicembre 2025

 

In queste poesie (al momento inedite) di Ruben Londero, raccolte sotto il titolo Asili, l’elemento stilistico principale ha a che fare con la ripetizione. Alcuni esempi: “ma da qui non se ne va nessuno / nessuno da qui senza dolore”; “ma adesso senza asili nel paese, senza / sorelle, adesso col paese nelle tempie”; “e la gente è esplosa in riso la gente / piccola ha urlato tunnel”. Se pensiamo che l’ambientazione di queste poesie sta nel tempo dell’infanzia, di un venire al mondo nella “prova” di mondo della scuola, viene da fare contrasto fra queste ripetizioni del discorso e il tempo irripetibile per definizione di cui parlano. Come indicazione per chi legge, può essere utile ricordare che non basta notare queste ripetizioni per entrare in queste poesie: che cosa succede fra un rimando e l’altro? La parte di testo che sta fra le due riprese che si richiamano a vicenda diventa più rumorosa, oppure viene zittita? Davanti a questo nulla, che è il vuoto che si forma fra le due gambe, una rimandante all’altra, in mezzo a cui passa il pallone che fa tunnel, bisogna prendere posizione.

 

 

 

 

ASILI

 

 

Potevamo sederci lì, dove ci siamo seduti 

scoprire cosa si prova a diventare 

potevamo anche radunarci, dire che siamo stati 

 

 

ma da qui non se ne va nessuno 

nessuno da qui senza dolore 

nel latte lasciato agli anni 

 

 

nel latte degli anni che non erano i tuoi 

l’eleganza di essere nessuno 

niente incinta nessuno tutto. 

 

 

 

*

 

 

 

 

C’era l’odore del das che annegava 

l’aria e le maestre, e c’era 

il linoleum stanco del pavimento 

 

 

a ricreazione c’eri anche tu 

che guardavi, e guardi sempre, tu 

che hai guardato tutte le nostre ricreazioni 

 

 

qualcuno aveva chiesto di spegnere 

le stelle davanti all’asilo, qualcuno, più in là 

diceva che non ce n’era bisogno, algò, inniò

si chiede di te 

 

 

noi chiedevamo solo 

come sarebbe stato l’inverno 

qui, che sarà inverno per sempre 

 

 

ma adesso senza asili nel paese, senza 

sorelle, adesso col paese nelle tempie 

si va cercando una capriola, qualcosa 

di vero che sia vero per tutti. 

 

 

 

*

 

 

 

 

Di vero c’era che non era vero allora 

il bigliettino piegato in quattro con dentro 

quattro risposte con dentro la promessa 

 

 

la promessa era che un giorno 

e la fede 

 

 

avevi troppi anni, pioveva 

 

 

la fede era che un giorno 

nel transito della luce e della cenere 

nelle cose così 

 

 

che un giorno conteremo fino a quattro 

gli stessi noi che non avevamo chiesto nulla 

lo stesso nulla che ci è restituito. 

 

 

 

*

 

 

 

 

Ti è passata come un pallone 

sotto le gambe la morte 

e la gente è esplosa in riso la gente 

piccola ha urlato tunnel 

 

 

ha urlato tunnel e ha visto 

la palla rotolare verso il bosco 

e tutti si sono guardati 

e si sono detti no, ci vai tu 

no, io l’ho portata, ci vai tu 

allora ci va Marco che non la porta 

mai 

non ci è andato nessuno 

 

 

ma c’erano le porte fatte con le maglie 

per terra a fare i pali 

e tutti senza maglie indicavano 

la traversa che era azzurro e altro 

 

 

non ci è andato nessuno. 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

Quando siamo stati scarcerati 

dall’utero, e abbiamo cominciato 

a parlare il dialetto degli adulti 

 

 

ci è stato detto N volte 

 

 

                     - l’amore resiste nei posti nascosti 

                     - c’è stata una pietra 

                     - si può continuare a girare 

                     - le rotonde del pub che hai nelle tempie 

 

 

invece quel poco di te 

che è rimasto imperativo 

tra le pieghe della sostanza 

tra il paracadute e la manetta 

 

 

per questo la tempia 

tua un tempo adesso no 

non ieri troppo qui 

 

 

siamo stati sempre così, svenuti 

come una colpa di semi 

sconosciuti dall’arbitrio. 

 

 

 

*

 

 

 

 

Passa non passa la luce qui 

attraverso questi muri questi 

schianti di equinozi, cose 

estese saldate ai rosari: 

allora l’inverno verrà da solo 

verrà quando il riso avrà lasciato posto 

al sudore incastrato tra collo 

e sciarpa e tu resterai 

in quell’aperto dei mesi, chiuso 

in quel chiuso dei giorni 

 

 

così si decise: svaligiare ogni soglia: 

dirti che no, anche l’inverno è qualcosa 

di perpendicolare, non agnese figlia non anita 

 

 

il bucaneve, lo sterminio, le cose senza asili 

i punti, neri, sulla mappa: tutto 

è unito tutto aspetta, la tavola 

è fatta la cantina svuotata 

tutti, qui, coi gomiti maleducati, tutto 

 

 

è unito tutto aspetta 

la metastasi è pronta, il resto. 

 

 

 

 Note 

 

Nella poesia intitolata C’era l’odore del das che annegava si legge, nella terza strofa: «algò, inniò / si chiede di te». Quest’espressione è un calco del celaniano «in nessun luogo / si chiede di te» (cfr. Paul Celan, Stretto, in Id., Poesie, trad. it. di Moshe Kahn, L’orma, Roma, 2024, p. 129 sgg.). Algò è un avverbio friulano che significa «da qualche parte»; inniò, invece, indica l’esatto opposto: «in nessun luogo», «in nessun dove», «da nessuna parte». 

 

 

 

 

 

 

Ruben Londero è nato a Tolmezzo, in Friuli, nel 2001. Suoi testi sono apparsi nell’«Opificio delle voci nuove» del numero 34 della rivista «Poesia» di Crocetti e su Atelier poesia.