
I testi riportati sotto provengono tutti dal romanzo Lo splendore I. L’infanzia di Hans, di Pier Paolo Di Mino, ma nel libro non li trovate nella forma in cui li leggerete fra poco. Tanto per cominciare, non sono stampati tutti di fila, ma posti in quest’ordine ciascuno in apertura a una delle cinque parti del romanzo: già il solo averli trascritti così, uno dopo l’altro, è una forzatura, un rimettere ordine nella confusione. E poi, come se non bastasse, non sono neppure stampati in questo modo, allineati al margine sinistro del documento, bensì centrati, come se si trattasse di epigrafi o frontespizi. La nostra scelta di riprodurli in questo modo, che rispetta gli andare a capo del testo ma che al tempo lo confina contro un lato del foglio, rientra sempre in questa atmosfera di controllo e sistematizzazione che i materiali preparatori di Acque morte costruiscono. Leggendoli ci siamo comportati come se ci fossimo trovati di fronte a delle poesie; non sapendo come inquadrarli abbiamo deciso di definirli, allineando e disponendo le porzioni di testo come succede ai “loro” indefiniti che vengono ispezionati, dominati e mutilati dal funzionamento perfetto del protocollo. Così ci siamo avvicinati al “noi” che ha disposto il sistema di controllo completo di cui leggiamo in queste poesie, dal poliziotto che controlla le interazioni del corpo con l’esterno, il fuori da se stesso, al medico che controlla invece le interazioni del corpo con se stesso, l’interno.
Dai materiali preparatori per Acque morte
L’orizzonte brucia in un cerchio infinito di
luce. Al di là, il mondo si consuma:
non rimane quasi più niente.
Era previsto sin
dall’inizio.
*
Avevamo deliberato un protocollo. I poliziotti ne sceglievano
alcuni a caso e li facevano spogliare. Il medico li
ispezionava. I pedagoghi in tuta isolante
bianca spiegavano il programma e le
prescrizioni di igiene e nutrizione.
Le stecche di carne non
sarebbero mancate
dai distributori. Il
funzionamento
formale del
protocollo
era
perfetto.
*
Mandavamo alcuni nelle fabbriche, e lasciavamo un resto.
Per costoro il lavoro era facile: mettere gli stück
nelle caselle, eliminare quelli in eccesso.
I distributori erano sempre pieni.
Come potevamo avere dubbi?
L’anima è pura e innocente,
solo il corpo può
peccare.
*
Prima toglievamo i denti. A uno a uno. Quindi gli
occhi. L’operazione proseguiva seguendo la
serie stabilita dai numeri sistematizzati.
Il continuo è confusione e male,
solo il discreto è
redenzione.
*
Questa volta non potrà più confondere le lingue:
lo abbatteremo, e, conquiso il cielo,
inventeremo la nuova
eternità.
Questi però sono materiali preparatori, lo sappiamo dal titolo; e se andassimo a leggere sul sito curato da Di Mino e Veronica Leffe, troveremmo qualche informazione in più https://www.libroazzurro.it/index.php/il-libro-azzurro/dove-siete . Per ora ci basta raccogliere questa informazione: “Acque morte ha a che fare con una possibilità salvezza che passa attraverso il corpo". Acque morte, però, aggiungiamo noi, non i suoi materiali preparatori; che, sempre seguendo questa chiave, hanno però a che fare principalmente con la sterilizzazione del corpo per ridurlo a una discrezione che coincide con l’immobilità, l’impossibilità di andare nel continuo e nella confusione. Sostanzialmente, di farsi “acqua morta”, cioè palude: un luogo che coincide con una decomposizione generale della vita, una confusione caotica. Dalla palude Boibeide dell’Esiodo di Pavese alla palude Aeonia di Elden Ring, spazi dove la marcescenza di una cosa, quindi una degradazione totale di se stessa, ne fa emergere una nuova; tendenzialmente spaventosa. È come se nei materiali preparatori di Acque morte ci fosse il tentativo di indurre artificialmente questo processo di marcescenza, attraverso gli interventi di uno Stato totalitario, per controllarlo ed evitarne le derive spaventose, finendo però per rendere il protocollo stesso più spaventoso di quello che potrebbe emergerne se lasciato a sé.
Allora leggendo questi testi come se fossero poesie ci sono venute in mente altre due poesie (c’era bisogno di dirlo?) che hanno a che fare entrambe con il dominio sull’acqua morta. Procedendo a ritroso, la prima è in realtà un libro: il Laborintus di Edoardo Sanguineti, che nel 1956 è riuscito a scrivere il libro con impianto alchemico in chiave junghiana che in molti vorrebbero avere scritto.
Già dal primo verso fa il suo ingresso l’acqua morta nelle vesti della Palus Putredinis:
composte terre in strutturali complessioni sono Palus Putredinis
da fine del mondo: tutte le terre composte confluiscono in questa palude di putrefazione che sembra un cadavere già soltanto a partire dal nome latino (che designa una parte della geografia lunare, ma non solo), lingua morta:
riposa tenue Ellie e tu mio corpo tu infatti tenue Ellie eri il mio corpo
immaginoso quasi conclusione di una estatica dialettica spirituale
così come viene reso morto (ce lo confermerà l'imminente citazione foscoliana sulla qualità dei tempi) il corpo dell’io e ed Ellie stessa, la referente della prima parte del libro, che a sua volta va incontro a un graduale dissolvimento, va facendosi acqua e filamento, liquido e legame, amido umido si leggerà in un’altra poesia più avanti, ma qui c’è già un anticipo:
noi che riceviamo la qualità dai tempi
tu e tu mio spazioso corpo
di flogisto che ti alzi e ti materializzi nell’idea del nuoto
sistematica costruzione in ferro filamentoso lamentoso
nel nuoto e nel filamentoso. Allora viene fatta collidere la lacuna con la composta terra (paludosa) e ne deriva la laguna:
lacuna lievitata in compagnia di una tenace tematica
composta terra delle distensioni dialogiche insistenze intemperanti
Il dialogismo qui ci fa pensare di nuovo alla dialettica (hegeliana): siamo a metà degli anni ‘50, il libro esce nell’anno della Rivoluzione ungherese, 1956, e con la denuncia di Krusciov al XX Congresso PCUS, con tutti i problemi del caso, tra cui la celebre citazione a Stalin sulle condizioni esterne che Sanguineti incorpora nel testo:
le condizioni esterne è evidente esistono realmente queste condizioni
esistevano prima di noi ed esisteranno dopo di noi qui è il dibattimento
liberazioni frequenza e forza e agitazione potenziata e altro
aliquot lineae desiderantur
che ci fa pensare all’atmosfera opprimente dei materiali preparatori per Acque morte, ma senza stare a fare i ragazzi di Buda, né suggerendo riprese puntuali; piuttosto notando convergenze inevitabili visto il tema comune, il ruolo della storia nell’esecuzione di questo piano di salvezza che passa attraverso la materia del corpo. Il fatto che poco più avanti ritorni l’acqua:
dove dormi cuore ritagliato
e incollato e illustrato con documentazioni viscerali dove soprattutto
vedete igienicamente nell’acqua antifermentativa ma fissati adesso
ma igienicamente e antifermentativa, quindi il contrario della palude, marcia e origine di malattie, dove fermenta di tutto, ci riconduce a quella atmosfera condivisa fra i due testi di tentato controllo verso questo processo spaventoso. E poi c’è il culmine, con i leggendari nani extratemporali di Sanguineti:
quelli i nani extratemporali i nani insomma o Ellie
nell’aria inquinata
in un costante cratere anatomico ellittico
perché ulteriormente diremo che non possono crescere
che però sono (h)omuncoli, uomini artificiali: mutilati (un costante cratere anatomico ellittico) che non possono (né devono) crescere (questioni che senza il monumentale commento di Erminio Risso a Laborintus rimarrebbero del tutto inaccessibili). Sempre in quell’ottica di tentata sterilizzazione dell’acqua morta. Sanguineti chiude poi con un congedo:
tu sempre la mia natura e rasserenata tu canzone metodologica
periferica introspezione dell’introversione forza centrifuga delimitata
Ellie tenue corpo di peccaminose escrescenze
che possiamo roteare
e rivolgere e odorare e adorare nel tempo
desiderantur (essi)
analizzatori e analizzatrici desiderantur (essi) personaggi anche
ed erotici e sofisticati
desiderantur desiderantur
rivolto direttamente al testo e a questo corpo di peccaminose escrescenze che può essere amato nel tempo, con l'erotico e “filologico” desiderantur, lacuna del testo/laguna nel testo che rende il testo degradato, marcio e quindi una palude).
La chiusa è veramente da grande canzone (non teologica ma metodologica, protocollare) della nostra tradizione letteraria in volgare tra il 1200 e il 1300, a cui appartiene anche il secondo testo poetico che parla del controllo dell’acqua morta. Si tratta della canzone di Dante che inizia “Io son venuto al punto de la rota”, che ha pure lei il proprio congedo, o tornata (Canzone, or che sarà di me ne l’altro / dolce tempo novello, quando piove amore in terra da tutti li cieli, / quando per questi geli / amore è solo in me, e non altrove? / Saranne quello ch’è d’un uom di marmo, / se in pargoletta fia per core un marmo). Adesso a noi non interessa il congedo di questa canzone “petrosa” (cioè costruita su durezze e rigidità di suono, sintassi, lessico e metro), ma solo un verso. Nel descrivere gli effetti “antiamore” “antifermentativi” dell’inverno/inferno (visto che nella Commedia il fondo dell’Inferno è ghiacciato), quando arriviamo al momento degli effetti sugli esseri senza anima vegetativa o animale troviamo il verso 60 della canzone :
e l’acqua morta si converte in vetro
Come a dire: la rigidità del freddo annulla l’amore che c’è in tutta la natura, e conseguentemente annulla anche il possibile amore dell’acqua morta che non diventa neanche ghiaccio (a livello di metafora), ma vetro: se senza amore, diventa più sterile e artificiale di se stessa. Allora noi mettiamo insieme quest'acqua morta fatta vetro, la palus antifermentativa dove sta il cuore ritagliato e il progetto di Acque morte di Di Mino, e ci facciamo queste domande: che amore ci può essere nell’acqua morta? Che aspetto avrebbe la salvezza attraverso i corpi nella storia? Siamo pronti, oppure i nostri sforzi sono sforzi di controllo? Cosa dovrebbe farci più paura della confusione?
Mikel Marini
*
Da Lo splendore I. L’infanzia di Hans (su amore e immobilità, p. 555)
L'amore, disse, è il motivo che ha spinto Gérard a sceglierti, e che ha spinto te a essere scelto. La mia scommessa è che l'amore che vi lega vi manterrà uniti. Nessuno ce la può fare assoluto dal vincolo della relazione: ogni ente è tale solo nella trama che gli dà forma. Per ottenere ciò che cerchiamo, bisogna guidare gli eventi manipolando i simboli lì dove vengono generati dalle lettere prime: questo è il compito di Gérard. Sarà così che ti guiderà nella ricerca della santa, e ti aiuterà a metterti in condizione di operare la legge del crescere e poi distruggere, dell'omeostasi. Questa è la necessità: l'estrema mobilità dell'infinito, in ultimo, coincide con l'immobilità. Immaginate un oggetto che si muove così velocemente da rimanere stabile e immobile. La parola necessità indica appunto qualcosa che non si può più muovere, qualcosa che è morto. Potete dirlo con parola greca o semitica, è uguale. Dunque nella necessità si può procedere solo con la morte, con lo spreco della vita. Spero che Gérard riesca ad aiutarti: nessuno gioca se non per vincere. Ma non si può vincere senza una prospettiva di sconfitta. Ti è tutto chiaro, Gustav? Sì, rispose Gustav, mi è tutto chiaro.
Ne dubito, disse il libraio.
*
Spostando lo sguardo sulla cornice storica che circonda Laborintus, si comprende meglio il significato dell’uscita di Lo splendore.
Pubblicato nel 2024 da Laurana, Lo splendore vuole raccontare proprio tutto. A un capo dell'intreccio (più una spirale) c'è Hans, un vero re che salverà il mondo. Risalendo la sua genealogia incontriamo la madre Rosa, la nutrice quasi santa Clea, il “Merlino socialista” Joseph, la guaritrice Hermine e Gustav, un diavolo che, proprio perché è davvero cattivo, può compiere il bene.
1. Alchimia e cabala tra Campo & Sanguineti
Mi sono sempre chiesta perché l'immaginario esoterico sia stato, dai tempi del fascismo ma forse anche prima, monopolizzato dall'estrema destra, o perché anche un comunista convinto come Sanguineti non sia riuscito a liberarsi di certi retaggi.
Nel 1956 Vittoria Guerrini è decisa a partire per il fronte ungherese, salvo poi essere trattenuta in Italia dalle condizioni precarie di salute. Nello stesso anno, col nome di Cristina Campo, pubblica la silloge Passo d'addio (Milano, All'insegna del Pesce d'Oro, 1956), ricca di riferimenti veterotestamentari ed esoterici, come sarà il resto dell’opera successiva, e postuma, dell’autrice.
Sempre nel 1956 esce anche un romanzo, Minuetto all’inferno di Elémire Zolla, da subito controverso come resterà controverso il suo autore. Sia Zolla che Campo manterranno per tutta la vita posizioni di destra più o meno estreme, a tratti avvicinandosi, seppur lateralmente e con discrezione, a quello che alcuni chiamano “fascismo magico” (per maggiori informazioni, rimando alle note).
Anche Edoardo Sanguineti ricorre all'immaginario esoterico-alchemico (e Jungiano) nel suo Laborintus. Il libro però risente di un'eccessivo attaccamento agli strumenti della dialettica, con tutte le sue irrisolvibili dicotomie. Se Campo simpatizza con il fascismo, è in Sanguineti l'antisemitismo diventa oggetto di polemica. E non è che l'accusa si possa smentire: in Laborintus c'è Ruben, l'aiutante storpio di Lazslo, ma anche il suo doppio Moneybags, l'ebreo grasso, il mucchio di monete senzienti che tira segretamente i fili della storia, uno Shylock ancora più caricaturale. È molto triste che due poeti che hanno attinto liberamente a un patrimonio culturale che ha beneficiato del continuo scambio con la tradizione giudaica abbiano assunto posizioni in un caso fasciste e nell'altro comunque prossime all’antisemitismo.
Di questo si potrebbe discutere per ore, ma dall'analisi preliminare di quello che in storia dell’editoria potremmo chiamare "l'incidente del '56" (iniziato ben prima del ‘56 e terminato qualche decennio dopo) a sottintendere l'insorgere di una psicosi religioso-politica collettiva, emerge soprattutto la necessità di raccontare una storia che sia la storia di tutti, dall'inizio alla fine del mondo, se davvero c'è una fine.
Emerge, come un'isola da una palude, perché questa necessità c'è sempre stata, e agli inizi di un periodo storico foriero di un processo di secolarizzazione (almeno in Europa) ha semplicemente trovato un'altra forma.
2. L'ultima generazione o l’ultimo vero re?
Per Campo come per Sanguneti la rivoluzione culturale era una possibilità e una minaccia, ma pur sempre una cosa fattibile, un progetto. In tutti e tre gli autori citati c'era un continuo tornare sui propri passi e su quelli degli altri, dibattere, criticare. La volontà di evidenziare le mancanze dell'epoca in cui vivevano, di individuare le ragioni di una disfatta più o meno imminente, non corrispondeva però all'autentica disposizione alla salvezza— a cercare uno strumento di salvezza, o a interrogarsi quantomeno sull’eventualità che una cosa simile esistesse.
Adesso invece sembra più naturale pensare alla salvezza, perché la possibilità della catastrofe ci appare diversamente rispetto al secondo dopoguerra. Se all’epoca tutto era nuovo (una nuova costituzione e una nuova repubblica) e ancora si poteva cambiare, oggi non ci sembra più così facile, anzi: ci sembra impossibile. Nel ‘56 la paura per molti, e per qualche squilibrato la speranza, era quella del ritorno del fascismo, della guerra o dell’atmonica, mentre 2025 ci si aspetta la fine del mondo, un cataclisma disumano e senza precedenti. Non ci si chiede più tanto cosa sia andato storto, cosa si sarebbe potuto fare meglio. Non siamo neanche sicuri che ci sia ancora qualcosa che possiamo fare per salvarci. Lo splendore, pur essendo (per ora, stando al primo volume) ambientato a cavallo tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900, ci parla proprio di questo.
3. Hans Dorè, che salverà il mondo e assomiglia a un libro
Sul sito web https://www.libroazzurro.it Pier Paolo Di Mino e Veronica Leffe hanno recentemente dedicato un ciclo di inserti a questo tema, ripercorrendo il cammino dei personaggi de Lo splendore. Sugli pseudo biblia (libri che non esistono veramente) citati nel testo, tra cui Acque morte, Di Mino scrive:
«Lo splendore», in realtà, è composto soprattutto da questi tre libri, che, evidentemente, rappresentano tre distinti modi di salvezza. Questa distinzione ha a che fare con la tradizionale suddivisione degli oggetti ontologici in spirito, corpo e anima: una distinzione, sia detto chiaramente, che è solo di comodo. Abbiamo dunque con Il re degli zingari un oggetto che offre una possibilità di salvezza per lo spirito; con Acque morte un oggetto che offre una possibilità di salvezza per il corpo; con Il libro azzurro un oggetto che offre una possibilità di salvezza per l'anima.
Non è un caso che Acque morte, nella forma in cui lo troviamo sul web (è probabile, come nel caso del Libro azzurro, che nei prossimi volumi del romanzo Acque morte abbia un aspetto ben diverso) tratti proprio il tema della fine.
Poi venne la fine, perché, stanchi di fare l'amore, gli uomini si riposarono all'ombra di se stessi, e senza paura, senza desiderio, guardarono quanto di superbo e grandioso avevano fatto: e lo lasciarono crollare.
[...]
E venne una fine maggiore, perché il giardino, non più adorno di magnifici palazzi, e sinagoghe, e chiese, e bei templi, e piazze e strade e viali, e siepi e poscondole, e fontane e pozzi, era cosi vuoto di bene, che dagli amboni degli alberi una voce dettò il silenzio: e si ritirò il vento, spense la luce, chiuse ogni colore.
La cenere però diventa prima nera, poi bianca, poi gialla e infine rossa. Come le quattro fasi della grande opera alchemica: Nigredo, Albedo, Citrinitas (spesso ignorat nei trattati di alchimia perché a partire dal XV secolo venne fusa in un'unica fase precedente o successiva) e infine Rubedo. A quel punto:
E fu così che tutto ebbe inizio, sempre lo ha: la cenere si infuoca, i colori si ostendono e spingono la luce a terra: e i fiori aprono i petali e le corelle; spuma l’aria e l’erba vi si ritorce dentro; e si levano gli alberi.
E dagli amboni degli alberi si leva una voce che imprime nel cuore delle creature il desiderio e la paura. E, fra le creature, gli uomini, con trucchi e maliziosi artifici, fingono col desiderio e la paura l’amore: e il giardino si orna di pozzi e fontane, poscondole e siepi, viali e strade e piazze, e bei templi, e chiese, e sinagoghe, e palazzi magnifici. Sacro è vedere il giardino: guarda come è ricoperto di splendore.
In Lo splendore ogni personaggio è “libero secondo necessità”:
"Innanzitutto è sì vero che ogni cosa è necessaria, ma lo è liberamente: la necessità è determinata non solo dalle cause, ma anche da una rete abissale di relazioni che sono necessariamente libere".
(Lo splendore, Laurana Editore, 2024)
Gustav è libero come lo saremmo noi per Hegel alla fine della storia- solo che qui la storia si ripete, è ciclica, almeno fino a un certo punto, fino alla nascita di Hans, l’ultimo vero re che salverà il mondo, e già un po’ lo ha salvato ancora prima di nascere. Di Mino, come Dante, crede davvero che un libro possa salvarci, per questo Hans assomiglia a un libro.
Dio legge nella Torah che Dio crea il mondo, e quindi Dio crea il mondo.
È questo chiaro ambire alla salvezza, totale e assoluta, che rende Lo splendore diverso, ultra-contemporaneo e allo stesso tempo più vicino a quei testi a cui gli autori del secolo scorso hanno così a lungo guardato, spesso senza vedere.
Rebecca Garbin
Alcune note e indicazioni bibliografiche (metto i siti e rimando alla bibliografia in essi contenuta)
Sulle posizioni politiche di Cristina Campo, libri e articoli che ne evidenziano pienamente la complessità:
Belinda è il mostro, vita segreta di Cristina Campo, Adelphi, 2002 (Cristina De Stefano)
https://www.iltascabile.com/letterature/cristina-campo-della-perfezione/
ma basta leggere le lettere (il mio pensiero non vi lascia) o anche solo Gli imperdonabili, specialmente il primo saggio e la parte su Ezra Puound, per farsi un'idea sulle posizioni politiche di Campo.
Su Elémire Zolla, e la vicinanza a pensatori apertamente fascisti:
“Zolla preferì non parlarne mai in Italia, salvo giudizi sprezzanti di passaggio (per esempio quando scrisse del massone esoterico Arturo Reghini, sodale di Evola per molti anni). Ma vent’anni fa ci capitò di scoprire e di render noto in Italia che Zolla aveva scritto pagine non del tutto critiche su Evola nella rivista americana Gnosis della Lumen Foundation. Pagine non tradotte in Italia, a differenza di analoghi profili, come quello su Reghini”.
da un sito di destra, lol (purtroppo mi sa che questi sono d'accordo) : https://www.destra.it/home/zolla-gli-occhiali-magici-di-un-visionario-razionale/
Sul rapporto tra la tradizione cabalistica e quella alchemica i libri:
https://www.aseq.it/alchimia-ed-ermetismo/497-alchimisti-ebrei.html
Varie ed eventuali:
https://www.bollatiboringhieri.it/libri/carl-gustav-jung-psicologia-e-alchimia-9788833916903/
https://www.marsilioeditori.it/libri/scheda-libro/3172684/le-meraviglie-della-natura
https://www.bollatiboringhieri.it/libri/marie-louise-von-franz-alchimia-9788833901978/