Non per il mondo ma per il giardino - Mikel Marini

mentre saremo fusi e indistinguibili tra i santi tra i minerali e gli esseri lanciati da un tifone per marcire sul fondale: tutto questo fa di noi davvero una grandissima avventura.
16 Dicembre 2024

 

 

 

In occasione dell'uscita del nuovo titolo nella nostra collana di poesia, condividiamo alcuni estratti da "Non per il mondo ma per il giardino", con un'introduzione di Isabella Leardini.

 

Mikel Marini porta nella poesia di questi anni un ecosistema inaspettato: giardino, deserto, fondale, alveare in cui ogni cella racchiude un universo quasi perfetto e al suo interno un'avventura fatale. A resistere sono fossili, reliquie e poesia, ed è appunto su ciò che durerà - ma anche su ciò che muore - che mira lo sguardo e punta il dito l'autore. Mikel Marini è lucido e ossessionato, in uno spazio eremitico dissacrato mette in scena una mirabolante giostra di santi reali e immaginari, re antichi e cavalieri picareschi, umanisti dimenticati; una collezione di punizioni autoinflitte nei modi più bizzarri, in un gioco di brillanti paratesti e di alterego propri e altrui.

Non per il mondo ma per il giardino è un labirinto di epoche e figure imprevedibili, sposta continuamente il confine tra letteratura e immaginazione, con la provocazione della farsa affonda in una prodigiosa originalità di pensiero. È un libro attraversato dalla violenza della mistica, in cui il mostruoso è meraviglioso e la penitenza è trasformazione.

 

 

 

 

C'è come un nuovo buio in mezzo a loro: 

è chiaro che se due si abbracciano 

l'ombra era nata accostando

sostanze sotto assedio della luce;

se i raggi si portavano i rimbalzi coi colori 

da un piano all'altro

lasciavano anche intendere 

che il punto di un contatto 

rimane indistinguibile in un nero nero

dove non arriva

luce, dove ci si avvicina

finché da inseparati non si brilla più. Ogni ordine 

suppone un imprevisto spaventoso in cui compaio.

 

*

 

IL SANTONIANO

 

Così si chiama un'era geologica che anticipa di pochi milioni di anni la fine del Cretaceo. Prende il suo nome da una cittadina francese, ma non è fatto di grande interesse. Di 

maggiore rilevanza che il Santoniano si caratterizzi per la presenza di "black shales", ossia strati che oggi appaiono come roccia nera, ma formati in realtà da materiali organici di ogni tipo prelevati da forti venti e scagliati in fondo al mare, dove si sono stretti assieme e poi pietrificati.

 

Un ciclone ha condotto un miscuglio di corpi

e ramaglie antichissime al mare;

concordo di farmi detrito e uragano 

con gli alberi e l'ambra, e con qualche esoscheletro 

assunto da tarde creature bivalvi, sommerse 

da quest'ettaro di terra che ha seguito la tempesta.

Ma da che il vento è cessato 

lascia mescolarsi foglie crani e le ammoniti:

rifacciamoci in miscela di elementi

versioni incompatibili di vita in cui anche tu 

vieni fuso piano alla mia mano 

ai canali della linfa noi uniamo i nervi 

la retina alla perla e al guscio d'iride 

di un raggomitolato coleottero 

senza che sappiamo del dolore.

Ci torneremo in sciala nera e argilla 

niente ossigeni che sciupino il calcare, 

senza respiro siamo belli, tieni il fiato, 

quando posi lasci a un'altra parte 

un calco splendido di te 

che si può conservare in quanto facile 

da perdere, ma non da fare;

i nostri usberghi, corazze contro l'aria 

che si infiamma, propaggine del fuoco dappertutto:

possiamo essere davvero tutti i nostri sensi 

che funzionano perfetti quando esposti 

sanno farsi offendere anche non volendo 

trattengono tantissimo, ti insegnano a 

finire oltre l'incendio dei tuoi vermi.

Stiamo già dimostrando noi, completi come un fossile, 

che si può educare 

anche chi è già morto

(selezioni accidentali di conchiglie, 

collocate assieme incantano da teche, 

si capisce una famiglia dai suoi morti)

mentre saremo fusi e indistinguibili tra i santi

tra i minerali e gli esseri 

lanciati da un tifone per marcire sul fondale:

tutto questo fa di noi davvero una grandissima avventura.

 

 

*

A BEDOIER IL CONESTABILE SI ANTICIPA LA SUA AVVENTURA MENTRE SERVE I COMMENSALI

 

Presso la corte di Artù, il conestabile è chi si occupa del cibo servito alla tavola. Un importante ramo della tradizione affida a Bedoier un ruolo decisivo negli ultimi atti del ciclo bretone: è lui infatti a restituire, dopo molta esitazione, la spada del re alla Dama del Lago, gettandola nel detto lago e dandosi poi alla vita eremitica.

 

«E sarà così

per più della durata del pasto

perché si danno a vicenda in un modo 

che non avanza nulla e basta sempre,

 

e penso che se io fossi insieme a tutti

a tutte loro

io penserei che ho grande

fortuna

a smantellarmi e assumermi 

particola a particola, risolta 

con facilità, in bocca a un altro 

e se tutti a questo tavolo stracolmo di gradali 

a ogni pezzo che mangiassero prendessero ciascuno questo coltello, 

che si può dire che aveva un manico 

lungo cinque volte almeno la sua lama,

e a turno secondo l'ordine in cui erano stati serviti 

lo usassero per sfilarsi chi dal braccio 

chi dalla coscia un pezzo proprio, e che per loro 

fosse importante e giusto che per metà 

lo si mettesse in bocca di un vicino, 

e quell'altra

in fondo al piatto da portata

nel fitto di salmoni che si mordono da soli,

 

io credo che a questo punto 

si potrebbe capire qualcosa

grazie a questa collana di mani in bocca 

e pugni fino al gomito nei piatti:

l'aria ci sbuccerebbe come preferisce, 

ma noi non morderemmo più i bocconi, 

i pesci nel vassoio mollerebbero la presa, 

si forma così la lente piatta che si affila 

senza limarsi o erodere, 

con nulla difettevole di massa, col filo 

difficile, che non si vede, 

di un coltello a scatto che sta in tasca 

e ha già fatto tutto, 

marcio marcio marcio e poi migliore, 

può tornarsene riposto dentro il nero».