In questi testi, tratti da La perla di Minerva, prossima pubblicazione di Sofia Fiorini per La Noce d'Oro, è già possibile riconoscere una forte linea tematica, che funge da collante alle immagini oniriche che l'autrice disegna senza contorni: a dominare la scena sono colori, dislivelli, e corpi senza una forma fissa, come le nuvole o la polvere. Qui leggiamo sei estratti dalla sezione intitolata Il pozzo vuoto, e uno conclusivo da L'acqua di Minerva, la seconda sezione della silloge. Nel corso della prima a parlare al lettore sono voci femminili plurali che, prima del viaggio, si chiedono: chi siamo noi per sopravvivere alla notte? La loro carrozza è in pezzi e parlano dal fondo di un pozzo, in cui si sono calate per trovare dell'oro, metallo attorno alla cui ricerca si fonda la traduzione alchemica, disciplina che si serve della metafora della trasmutazione dei metalli per illustrare un percorso di conoscenza spirituale. Nei testi di Fiorini, l'oro rappresenta anche il prezzo da pagare per poter continuare il viaggio - gli antichi greci lasciavano monete d'oro sugli occhi dei morti affinché potessero pagare Caronte per traghettarli nell'Ade - rendendo quindi il pozzo un luogo di stasi, attesa, se non addirittura convalescenza. Nell'immobilità è però, in questo caso, possibilità - possibilità di creare qualcosa, anche quando la creazione avviene mediante la sua negazione: il pozzo è infatti vuoto come lo stomaco, e al suo fondo si arrotola una serpe. La parola, che ha valore generativo, è qualcosa di lontano, nel cielo, o per meglio dire nel ventre delle rondini, che le giovani donne chiuse nel pozzo non sono in grado di pronunciare. Non c'è acqua, ma il pozzo brucia senza combustione, con le ragazze al suo interno, o forse sono loro stesse a consumarsi, come l'autrice potrebbe lasciare intendere da una scelta lessicale volutamente ambigua.
Ma cosa rappresenta il pozzo? È un ventre vuoto... o quasi: le protagoniste infatti non sono sole, con loro c'è una serpe, creatura che ricorda da un lato, per via della sua forma, le viscere dentro lo stomaco; dall'altro, se pensiamo al retaggio culturale biblico, specie se posta in relazione con una figura femminile, è vettore di conoscenza, negativa ma forse necessaria a lasciare l'Eden, a intraprendere (o in questo caso riprendere) un viaggio.
La storia che Fiorini sceglie di raccontare è quindi una storia di formazione. Questo viene reso palese dall'ultima delle poesie qui proposte, in cui troviamo finalmente risposta all'interrogativo che accompagna l'autrice, che ora ci parla alla prima persona singolare, fin dall'inizio della raccolta: "come sopravvivere alla notte?" Secondo Fiorini, che costruisce le prime poesie della sezione seguendo l'idea dello spazio da riempire, la soluzione è accoglierla, come suggerisce l'ultimo verso del componimento, che istituisce un rapporto quasi fisico con la notte di cui si diventa ricettacolo:
Donna con o senza nozze / fammi diventare grande, / mettimi il coraggio della notte.
Due crepuscoli in un giorno –
questo non è il primo.
Chi siamo noi per sopravvivere alla notte?
Allo scoccare dell’ora,
tra le rovine della nostra carrozza arancione
ci chiederanno il prezzo per il viaggio:
noi daremo le briciole in pegno
e diremo: «ora non lo abbiamo,
ma possiamo cercare nella terra dov’è l’oro».
*
Da quanto tempo siamo qui?
Eravamo perse
in una radura di fumo
e adesso siamo in questo pozzo
vuoto come lo stomaco –
con una serpe che si arrotola sul fondo.
*
È il secondo crepuscolo
e una nebbia gialla
scorre tra gli ulivi e il grano.
È il fumo che viene dal pozzo vuoto:
si è messo a bruciare senza combustione.
È noi che brucia.
*
I piedi bruciati fanno più male –
è il secondo crepuscolo –
mentre ritorniamo al pozzo vuoto.
C’è una parola lontana,
chiusa nel ventre di una rondine,
che potrebbe farlo rifiorire
ma noi non la sappiamo pronunciare.
*
Dal fondo pur sempre
si vede il cielo.
Corre un satellite nella stessa orbita
in cui correrà anche domani.
Abbiamo chiesto a Dio: «rivogliamo le stelle»
lui ha detto: «sono qui. Ma non potete vederle».
*
Sono in un campo di mele? Ma come?
Era ieri che la mia carrozza
svaniva in una polvere arancione.
Chiedo alla Luna: «che fare?».
Lei dice che tra le mie lacrime
è scesa una perla, e ce l’ho in tasca.
Ecco, è il segnale di Minerva.
E nell’altra una piuma di civetta –
mi dice di tenerla stretta.
*
Per le giovani romane
c’era un solo modo di diventare donne:
convolare a nozze.
Ma non potevano diventare nuptae
se qualcuno non le aiutava prima
a disfarsi delle puellae.
Quella era Minerva
che gli metteva perle nelle tasche
e gli cambiava pelle.
Con la perla nella tasca
prego lei che mi conduca
nei cinque giorni del suo rito.
Donna con o senza nozze
fammi diventare grande,
mettimi il coraggio della notte.
Sofia Fiorini (Rimini, 1995) è laureata in Italianistica e insegna lettere. La logica del merito (Interno Poesia, 2017) è il suo libro d’esordio - premiato dal Premio Violani Landi (2015) e dal Premio Prato (2020), recentemente ripubblicato in una nuova edizione ampliata (La logica del merito e nuove poesie, Interno Poesia, 2023). Suoi testi poetici sono inclusi in Abitare la parola. Poeti nati negli anni Novanta (Ladolfi, 2019). Ha tradotto l’antologia italiana delle poesie di Ralph Waldo Emerson Il cervello di fuoco (La Noce d’Oro, 2022). Di prossima pubblicazione in poesia è La perla di Minerva (La Noce d’Oro, 2023).