Simultaneità

Alcuni testi da "BIF&ZF+18: Simultaneità e chimismi lirici"
20 Giugno 2023

 

Quando BIF&ZF+18: Simultaneità e chimismi lirici di Ardengo Soffici (https://www.treccani.it/enciclopedia/ardengo-soffici_res-43f38191-8bb7-1.... ) esce nel 1915 per Vallecchi il pubblico italiano della poesia si ritrova in mano un libro diviso in due sezioni che graficamente appaiono diversissime: le Simultaneità e i Chimismi lirici. I secondi sono testi che anche a livello visivo si destreggiano tra calligrammi e acrobazie tipografiche di ogni tipo; invece, le Simultaneità nonostante il verso libero e l'occasionale inserto di cifre numeriche e lingue straniere, sembrano più accessibili rispetto ai Chimismi. Eppure qui Soffici mette in campo le sue carte più inaspettate e convincenti per un lettore o una lettrice di oggi: le immagini davvero visionarie e inquietanti: Lo spazio / È un verme crepuscolare che si raggricchia in una goccia di fosforo o l'agilità nel passaggio da una scena all'altra (penso al poemetto ARCOBALENO, che presenta davvero una simultaneità di umori e situazioni in un flusso inesorabile, così come i colori dell'arcobaleno convivono simultanei in un fascio solo di luce bianca), come anche la costante attenzione verso lo stato dei protagonisti di queste scene, in un rapporto ancora da definire con una Firenze di inizio Novecento colma di stimoli culturali e tecnologici e su cui si affacciano le ombre che hanno segnato l'inizio dello scorso secolo. È questo, pensiamo, che possa giustificare la lettura di Ardengo Soffici oggi: il tentativo di prendere atto delle condizioni che il suo tempo gli ha presentato e di restituire l’immagine che ne ha ricavato in una soluzione coerente e stimolante. Infatti troviamo le voci di queste poesie spesso sopraffatte dalla pressione continua delle cose da poco che hanno intorno e che sono vittime di una malinconia non umorale, ma più affine a una nevrosi collettiva di guerra, sovrabbondanza di stimoli e consumo. Forse è questo l'aspetto che oggi sembra più urgente nelle poesie di Soffici, e che abbiamo individuato in questa selezione di estratti dalla prima sezione del libro con l'intento di riavvicinarci a un'opera letteraria sorprendente e acuta. Consigliamo la lettura col telefono in orizzontale, data la lunghezza dei versi.

 

 

 

DA "ARCOBALENO"

 

Non c'è più tempo.

Lo spazio

È un verme crepuscolare, che si raggricchia in una goccia di fosforo.

Ogni cosa è presente.

Come nel 1902 tu sei a Parigi in una soffitta,

Coperto da 35 centimetri quadri di cielo

Liquefatto nel vetro dell'abbaino.

La Ville t'offre ancora ogni mattina

Il bouquet fiorito dello Square de Cluny

Dal boulevard Saint-Germain scoppiante di trams e d'autobus

Arriva la sera a queste campagne la voce briaca della giornalaia

Di rue de la Harpe

« Pari-curses » « l'Intransigeant » « la Presse »

Il negozio di Chaussures Raoul fa sempre concorrenza alle stelle 

E mi accarezzo le mani tutte intrise dei liquori del tramonto

Come quando pensavo al suicidio vicino alla casa di Rigoletto.

 

 

 

MATTINA

 

La luce non è che un mazzolino di fiori più sottili

Un ronzio di mosche d'oro e verdi il cielo

Senza questo pardessus parigino si potrebbe ballare

A tutti i piani c'è la musica come in paradiso

Una signora vestita del tricolor dell'Italia nelle cromolitografie patriottiche

Evade Verso l'oriente 

Jamais je ne voudrais être son chien

Piuttosto piangere di tenerezza

Sul miracolo della gente che risuscita ogni giorno

In questo enigma universale che piglia per un almanacco

E passa

E passa con la tranquillità dei giovenchi

Ah! noi moriremo per aver troppo adorato le cose di nulla

L'aria d'anilina mi bagna come una camicia tuffata nel turchinetto

Vedo tutto

Il baccalà che sperimenta il Nirvana fiorito di pomodori nelle zangole azzurre

L'ombre delle grondare abbassate sugli occhi glauchi delle persiane

Le ombre degli uomini che si sprofondano

Nella terra trasparente

E a un tratto capisco questa verità Ogni nuova civilizzazione esce dal riso dei bambini

Il timpano del sole batte sullo specchio del parrucchiere

Per farmi sorridere

Ma non si può che seguire in silenzio la freschezza delle ore

 

(I miei capelli sono sinistri!)

 

 

 

DA "NOIA"

 

Dalle 8,45 alle 10,10

Ho visto il mondo insanguinato

Nel rettangolo di un vetro vermiglio

Con queste epigrafi in lettere di maiolica bianca

Antagra Bisleri

Guarisce la gotta e la diatesi urica

Nocera Umbra

(Sorgente angelica)

Acqua minerale da tavola gazosa e digestiva

 

Non c'è più speranza di vivere

Nell'assoluto della gioia o dell'alto spleen

Fuori delle contingenze

Il prisma dei tempi e dei sentimenti

Muore al dettaglio arenato come il sifilitico sole

Il calendario è al bigio fisso

 

La modernità è lontana come il melodramma di Ramsès Il

Le più grandi città non sanno disfarsi della primavera

Che ritorna ogni anno come un usciere con la sua citazione verde di praterie

Gli archi elettrici

Fanno l'articolo della luna casa fondata nell'anno 1 dell' Eternità

E le stelle

Trovan sempre una pozzanghera che le specchia o un bell'occhio che le sposa

 

 

 

PASZKOWSKI

 

Un melappio per tutta dolcezza

E la cravatta verde del Direttore

Primavera di quest'ora inzuppata di fango il viso nei vetri

La luce esplosa nel sipario blu-grigio del giorno a grappoli di similoro

- Partire tutti dobbiamo attraverso i ritardi dei treni delle stagioni e della felicità

T'offro stasera un tranvai

Per un romanzo d'altri tempi e d'altre anime

Lascia quell'ala rossa

Che porti con alterigia al cappello

In questo caffè di poeti e di signore e signori molto usuali

- Il rosso no è la nostra allegra miseria

Senza il fervore del sangue

Guarda la coperta logora sulla schiena del cavallo che passa

Trotterellando nel valzer d'Eva

Di queste Dame viennesi

 

Dire che il mondo non finisce qui assorbito nei riflessi del vassoio e delle bevande!

 

La storia ci gira d'intorno

Come il tourniquet della porta zeppo di seri clienti

Padroni e schiavi del Fato cameriere

Chi cerca la gloria o l'amore?

C'è la quarta pagina del «Corriere della Sera»

L'«Illustrazione italiana» «La Donna»

E per 40 centesimi e 10 di mancia

Un melappio per nuova dolcezza

 

 

 

DA "FIRENZE"

 

Non si può vivere in questa pace

D'azzurri viali 

Dove non c è che un tranvai

Ogni venti minuti

Candele steariche e buste fiorite

Nelle vetrine

E visi di spose e di bimbi

Soffocati di calda noia

Alle finestre

Spalancate sul nulla di mezzogiorno

 

Un affisso delle Folies bergère

O dello Splendor

È più emozionante

Di tutta la storia

Rassegata in fronte alle torri

E alle cupole senza dio né colombe

(I piccioni del Duomo

Li mangia il Priore

Della Misericordia)

 

La notte si scrive col fuoco

Sui muri del Centro

A nuova vita restituito