Quando BIF&ZF+18: Simultaneità e chimismi lirici di Ardengo Soffici (https://www.treccani.it/enciclopedia/ardengo-soffici_res-43f38191-8bb7-1.... ) esce nel 1915 per Vallecchi il pubblico italiano della poesia si ritrova in mano un libro diviso in due sezioni che graficamente appaiono diversissime: le Simultaneità e i Chimismi lirici. I secondi sono testi che anche a livello visivo si destreggiano tra calligrammi e acrobazie tipografiche di ogni tipo; invece, le Simultaneità nonostante il verso libero e l'occasionale inserto di cifre numeriche e lingue straniere, sembrano più accessibili rispetto ai Chimismi. Eppure qui Soffici mette in campo le sue carte più inaspettate e convincenti per un lettore o una lettrice di oggi: le immagini davvero visionarie e inquietanti: Lo spazio / È un verme crepuscolare che si raggricchia in una goccia di fosforo o l'agilità nel passaggio da una scena all'altra (penso al poemetto ARCOBALENO, che presenta davvero una simultaneità di umori e situazioni in un flusso inesorabile, così come i colori dell'arcobaleno convivono simultanei in un fascio solo di luce bianca), come anche la costante attenzione verso lo stato dei protagonisti di queste scene, in un rapporto ancora da definire con una Firenze di inizio Novecento colma di stimoli culturali e tecnologici e su cui si affacciano le ombre che hanno segnato l'inizio dello scorso secolo. È questo, pensiamo, che possa giustificare la lettura di Ardengo Soffici oggi: il tentativo di prendere atto delle condizioni che il suo tempo gli ha presentato e di restituire l’immagine che ne ha ricavato in una soluzione coerente e stimolante. Infatti troviamo le voci di queste poesie spesso sopraffatte dalla pressione continua delle cose da poco che hanno intorno e che sono vittime di una malinconia non umorale, ma più affine a una nevrosi collettiva di guerra, sovrabbondanza di stimoli e consumo. Forse è questo l'aspetto che oggi sembra più urgente nelle poesie di Soffici, e che abbiamo individuato in questa selezione di estratti dalla prima sezione del libro con l'intento di riavvicinarci a un'opera letteraria sorprendente e acuta. Consigliamo la lettura col telefono in orizzontale, data la lunghezza dei versi.
DA "ARCOBALENO"
Non c'è più tempo.
Lo spazio
È un verme crepuscolare, che si raggricchia in una goccia di fosforo.
Ogni cosa è presente.
Come nel 1902 tu sei a Parigi in una soffitta,
Coperto da 35 centimetri quadri di cielo
Liquefatto nel vetro dell'abbaino.
La Ville t'offre ancora ogni mattina
Il bouquet fiorito dello Square de Cluny
Dal boulevard Saint-Germain scoppiante di trams e d'autobus
Arriva la sera a queste campagne la voce briaca della giornalaia
Di rue de la Harpe
« Pari-curses » « l'Intransigeant » « la Presse »
Il negozio di Chaussures Raoul fa sempre concorrenza alle stelle
E mi accarezzo le mani tutte intrise dei liquori del tramonto
Come quando pensavo al suicidio vicino alla casa di Rigoletto.
MATTINA
La luce non è che un mazzolino di fiori più sottili
Un ronzio di mosche d'oro e verdi il cielo
Senza questo pardessus parigino si potrebbe ballare
A tutti i piani c'è la musica come in paradiso
Una signora vestita del tricolor dell'Italia nelle cromolitografie patriottiche
Evade Verso l'oriente
Jamais je ne voudrais être son chien
Piuttosto piangere di tenerezza
Sul miracolo della gente che risuscita ogni giorno
In questo enigma universale che piglia per un almanacco
E passa
E passa con la tranquillità dei giovenchi
Ah! noi moriremo per aver troppo adorato le cose di nulla
L'aria d'anilina mi bagna come una camicia tuffata nel turchinetto
Vedo tutto
Il baccalà che sperimenta il Nirvana fiorito di pomodori nelle zangole azzurre
L'ombre delle grondare abbassate sugli occhi glauchi delle persiane
Le ombre degli uomini che si sprofondano
Nella terra trasparente
E a un tratto capisco questa verità Ogni nuova civilizzazione esce dal riso dei bambini
Il timpano del sole batte sullo specchio del parrucchiere
Per farmi sorridere
Ma non si può che seguire in silenzio la freschezza delle ore
(I miei capelli sono sinistri!)
DA "NOIA"
Dalle 8,45 alle 10,10
Ho visto il mondo insanguinato
Nel rettangolo di un vetro vermiglio
Con queste epigrafi in lettere di maiolica bianca
Antagra Bisleri
Guarisce la gotta e la diatesi urica
Nocera Umbra
(Sorgente angelica)
Acqua minerale da tavola gazosa e digestiva
Non c'è più speranza di vivere
Nell'assoluto della gioia o dell'alto spleen
Fuori delle contingenze
Il prisma dei tempi e dei sentimenti
Muore al dettaglio arenato come il sifilitico sole
Il calendario è al bigio fisso
La modernità è lontana come il melodramma di Ramsès Il
Le più grandi città non sanno disfarsi della primavera
Che ritorna ogni anno come un usciere con la sua citazione verde di praterie
Gli archi elettrici
Fanno l'articolo della luna casa fondata nell'anno 1 dell' Eternità
E le stelle
Trovan sempre una pozzanghera che le specchia o un bell'occhio che le sposa
PASZKOWSKI
Un melappio per tutta dolcezza
E la cravatta verde del Direttore
Primavera di quest'ora inzuppata di fango il viso nei vetri
La luce esplosa nel sipario blu-grigio del giorno a grappoli di similoro
- Partire tutti dobbiamo attraverso i ritardi dei treni delle stagioni e della felicità
T'offro stasera un tranvai
Per un romanzo d'altri tempi e d'altre anime
Lascia quell'ala rossa
Che porti con alterigia al cappello
In questo caffè di poeti e di signore e signori molto usuali
- Il rosso no è la nostra allegra miseria
Senza il fervore del sangue
Guarda la coperta logora sulla schiena del cavallo che passa
Trotterellando nel valzer d'Eva
Di queste Dame viennesi
Dire che il mondo non finisce qui assorbito nei riflessi del vassoio e delle bevande!
La storia ci gira d'intorno
Come il tourniquet della porta zeppo di seri clienti
Padroni e schiavi del Fato cameriere
Chi cerca la gloria o l'amore?
C'è la quarta pagina del «Corriere della Sera»
L'«Illustrazione italiana» «La Donna»
E per 40 centesimi e 10 di mancia
Un melappio per nuova dolcezza
DA "FIRENZE"
Non si può vivere in questa pace
D'azzurri viali
Dove non c è che un tranvai
Ogni venti minuti
Candele steariche e buste fiorite
Nelle vetrine
E visi di spose e di bimbi
Soffocati di calda noia
Alle finestre
Spalancate sul nulla di mezzogiorno
Un affisso delle Folies bergère
O dello Splendor
È più emozionante
Di tutta la storia
Rassegata in fronte alle torri
E alle cupole senza dio né colombe
(I piccioni del Duomo
Li mangia il Priore
Della Misericordia)
La notte si scrive col fuoco
Sui muri del Centro
A nuova vita restituito