
In queste poesie (al momento inedite) di Ruben Londero, raccolte sotto il titolo Asili, l’elemento stilistico principale ha a che fare con la ripetizione. Alcuni esempi: “ma da qui non se ne va nessuno / nessuno da qui senza dolore”; “ma adesso senza asili nel paese, senza / sorelle, adesso col paese nelle tempie”; “e la gente è esplosa in riso la gente / piccola ha urlato tunnel”. Se pensiamo che l’ambientazione di queste poesie sta nel tempo dell’infanzia, di un venire al mondo nella “prova” di mondo della scuola, viene da fare contrasto fra queste ripetizioni del discorso e il tempo irripetibile per definizione di cui parlano. Come indicazione per chi legge, può essere utile ricordare che non basta notare queste ripetizioni per entrare in queste poesie: che cosa succede fra un rimando e l’altro? La parte di testo che sta fra le due riprese che si richiamano a vicenda diventa più rumorosa, oppure viene zittita? Davanti a questo nulla, che è il vuoto che si forma fra le due gambe, una rimandante all’altra, in mezzo a cui passa il pallone che fa tunnel, bisogna prendere posizione.
ASILI
Potevamo sederci lì, dove ci siamo seduti
scoprire cosa si prova a diventare
potevamo anche radunarci, dire che siamo stati
ma da qui non se ne va nessuno
nessuno da qui senza dolore
nel latte lasciato agli anni
nel latte degli anni che non erano i tuoi
l’eleganza di essere nessuno
niente incinta nessuno tutto.
*
C’era l’odore del das che annegava
l’aria e le maestre, e c’era
il linoleum stanco del pavimento
a ricreazione c’eri anche tu
che guardavi, e guardi sempre, tu
che hai guardato tutte le nostre ricreazioni
qualcuno aveva chiesto di spegnere
le stelle davanti all’asilo, qualcuno, più in là
diceva che non ce n’era bisogno, algò, inniò
si chiede di te
noi chiedevamo solo
come sarebbe stato l’inverno
qui, che sarà inverno per sempre
ma adesso senza asili nel paese, senza
sorelle, adesso col paese nelle tempie
si va cercando una capriola, qualcosa
di vero che sia vero per tutti.
*
Di vero c’era che non era vero allora
il bigliettino piegato in quattro con dentro
quattro risposte con dentro la promessa
la promessa era che un giorno
e la fede
avevi troppi anni, pioveva
la fede era che un giorno
nel transito della luce e della cenere
nelle cose così
che un giorno conteremo fino a quattro
gli stessi noi che non avevamo chiesto nulla
lo stesso nulla che ci è restituito.
*
Ti è passata come un pallone
sotto le gambe la morte
e la gente è esplosa in riso la gente
piccola ha urlato tunnel
ha urlato tunnel e ha visto
la palla rotolare verso il bosco
e tutti si sono guardati
e si sono detti no, ci vai tu
no, io l’ho portata, ci vai tu
allora ci va Marco che non la porta
mai
non ci è andato nessuno
ma c’erano le porte fatte con le maglie
per terra a fare i pali
e tutti senza maglie indicavano
la traversa che era azzurro e altro
non ci è andato nessuno.
*
Quando siamo stati scarcerati
dall’utero, e abbiamo cominciato
a parlare il dialetto degli adulti
ci è stato detto N volte
- l’amore resiste nei posti nascosti
- c’è stata una pietra
- si può continuare a girare
- le rotonde del pub che hai nelle tempie
invece quel poco di te
che è rimasto imperativo
tra le pieghe della sostanza
tra il paracadute e la manetta
per questo la tempia
tua un tempo adesso no
non ieri troppo qui
siamo stati sempre così, svenuti
come una colpa di semi
sconosciuti dall’arbitrio.
*
Passa non passa la luce qui
attraverso questi muri questi
schianti di equinozi, cose
estese saldate ai rosari:
allora l’inverno verrà da solo
verrà quando il riso avrà lasciato posto
al sudore incastrato tra collo
e sciarpa e tu resterai
in quell’aperto dei mesi, chiuso
in quel chiuso dei giorni
così si decise: svaligiare ogni soglia:
dirti che no, anche l’inverno è qualcosa
di perpendicolare, non agnese figlia non anita
il bucaneve, lo sterminio, le cose senza asili
i punti, neri, sulla mappa: tutto
è unito tutto aspetta, la tavola
è fatta la cantina svuotata
tutti, qui, coi gomiti maleducati, tutto
è unito tutto aspetta
la metastasi è pronta, il resto.
Note
Nella poesia intitolata C’era l’odore del das che annegava si legge, nella terza strofa: «algò, inniò / si chiede di te». Quest’espressione è un calco del celaniano «in nessun luogo / si chiede di te» (cfr. Paul Celan, Stretto, in Id., Poesie, trad. it. di Moshe Kahn, L’orma, Roma, 2024, p. 129 sgg.). Algò è un avverbio friulano che significa «da qualche parte»; inniò, invece, indica l’esatto opposto: «in nessun luogo», «in nessun dove», «da nessuna parte».
Ruben Londero è nato a Tolmezzo, in Friuli, nel 2001. Suoi testi sono apparsi nell’«Opificio delle voci nuove» del numero 34 della rivista «Poesia» di Crocetti e su Atelier poesia.
