
Chi entra in queste pagine deve stringere un patto: leggere dall’inizio alla fine. Il passero bianco è una fiaba iniziatica in versi, della morte che nasconde la vita quando la vita nasconde la morte, del loro congiungersi in un territorio limite, tra il giardino e il bosco, tra l’infanzia e la sua perdita desiderante e definitiva. Un grande gioco di trasformazione include la morte apparente e il rischio dell’inganno sotto mentite spoglie, ma tutto in questa fiaba è onirico e reale, gli animali messaggeri che prendono sarcastici la parola, le creature di mezzo che cacciano per altra fame, il corpo segreto di sangue e ossa da nascondere. Qualcosa di crudele, incantato e tagliente lampeggia rapido, con sotterranea ironia: nessuno è davvero innocente; i dialoghi oracolari e improvvisi celano sempre una sorpresa. Sofia Fiorini ha intrapreso una direzione originale e complessa, quella della narrazione lirica affidata alla struttura, alla tenuta, a un lungo respiro che di pagina in pagina resta in equilibrio sulla storia. «Hai il dono del passo» dice il gatto alla protagonista, lo stesso si potrebbe dire dell’autrice, che ha un passo lieve, acuminato, precisissimo; la poesia di Sofia Fiorini riesce sulla distanza del sentiero in salita, sulla pazienza della trama. Nel telaio si intrecciano le dita dei grandi lettori di simboli, Ralph Waldo Emerson, da lei tradotto, Cristina Campo, nume tutelare dei rovesciamenti che nel fiabesco annidano il destino, Emily Dickinson madrina delle madrine, ma si fa avanti con distacco e decisione anche un’inattesa Patrizia Cavalli. Il passero bianco è il totem infero che sceglie la fanciulla, nel suo apprendistato ci saranno la caccia, l’innamoramento, il rito, tre segreti e un diverso finale.
Isabella Leardini
(Di seguito un'anteprima di alcuni estratti dal libro "Il passero bianco" di Sofia Fiorini, già disponibile in preorder sugli store online)
Dietro la casa, dietro le siepi
e le ombre dell’usato giardino
sta quel che resta di queste ossa.
Quattro pali – le assi
il ricordo di un tetto, mausoleo
sgraziato di ragazza.
Solo la porta resta
chiusa con la spranga
né reggia né splendida tomba –
solo un telo di plastica
che ha perso la sua trasparenza.
Guardiamo la porta
passiamo oltre il campo,
oltre le messi di cipolla,
molto più lontano...
al bosco, alla grotta!
La bambina che qui c’era è morta.
*
«Come da molto lontano
vengono le luci delle stelle
e le acque dei ghiacciai
dentro di te – animale
che credevi estinto – da molto
lontano nel tempo e nello spazio
il passero bianco
si risveglia a tradimento
ogni volta che apri bocca.»
Così parlò il gatto.
*
I capelli? – «Lasciali lunghi.»
I fichi? – «Lasciali ai morti.
Segui la scia di luci nel bosco.»
Mi accetteranno?
«Non sei già più
di questo mondo.»
*
E io a loro: c’è un gatto invisibile
che abita il mio giardino
nell’accecante mezzodì –
mi ha detto di venire qui.
C’è un’arpa violina
che mi affonda nelle viscere,
gli altri organi sono compressi
per farla vivere.
Dietro la casa ho lasciato
un cimitero di fichi
per il passero bianco
e i suoi amici.
E loro, ferme sul sentiero,
a me: «non hai altro posto,
non hai davvero
altro posto all’infuori di questo».
*
Dicono «state attente»
e «non percorrete
il sentiero dell’uomo».
Ho detto io non ho paura,
li conosco. Hanno detto
«sono loro che rischiano.
Si vede
che sei nuova del bosco».
*
Aspettavo che mi si seccassero
le ossa – aspettavo di smettere
di soffrire per il freddo ed il calore.
Ogni volta, nel mezzo della fila,
dietro la corteccia, constatavo
l’imbarazzo vivo del mio corpo.
*
Il primo segreto
fu che non potevo cacciare.
C’era tra gli alberi il passero bianco
che avevo visto nei sogni.
Strano destino essere scelti
da una creatura degli Inferi
e non sapere più
come si fa a abitare il mondo.