
Aristotele non si spiegava come nascessero gli insetti. Per loro scrisse di generazione spontanea, ipotizzando che uscissero direttamente dalla terra, o dalle carcasse, con una conseguenza singolare: ci sono animali generati da non animali. Oggi sappiamo che non è così, merito anche dell'Accademico Linceo Francesco Redi (1626-1697) che, oltre a inventarsi l'improbabile autore medievale "Sandro di Pippozzo" per giustificare certe sue prese di posizione in materia linguistica, riportò nelle Esperienze intorno alla generazione degl'insetti (1668) i risultati della sua osservazioni sulla nascita degli insetti. In queste tre poesie di Giulio Zambon c'è tanto dell'occhio di Francesco Redi, guarda come lui agli insetti mentre pone domande sulla nascita. Le sue poesie fanno i conti con la soglia, il punto di separazione tra due realtà che può essere attraversato in entrambe le direzioni. Dipendono un po' da questo le indicazioni di movimento che troviamo: fuggire, rincorrersi senza fare finta oppure così rientriamo mentre i grandi ci sbirciano ; o quindi è così / che siamo venuti / nella luce tiepida di un soggiorno, che possiamo rientrare. In questi passaggi e spostamenti, avanti e indietro, è molto forte proprio la presenza degli insetti: formiche, cimici. Movimento e insetti si accordano quasi sempre: li vediamo spostarsi entrando e uscendo nelle travi, muoversi attraverso il tempo come la cimice della seconda poesia che si trascina dietro chi la sta ricordando e lo riporta al momento in cui è stata uccisa, fino all'insetto a cui staccare le zampe, che non si può più muovere. Ed è proprio a partire da questi spostamenti che anche Giulio Zambon guarda alla generazione, non solo degli insetti. Come in questo caso: e sparire o rinascere / come le formiche che spingono per penetrare e invece escono. È come se tutta la forza e il disagio dell'allusione ci aiutassero a riconoscere l'ambiguità di questa soglia sulla nascita: riusciamo a vedere l'uscita e l'ingresso che la aveva promessa e che avremmo preferito non vedere. Da qui dipendono la placenta, il grembo, il seme che compaiono in queste poesie, come in certi autori un po' "psicoanalitici". Penso ad Antonio Porta e Remo Pagnanelli, quest'ultimo soprattutto in Atelier d'inverno; ma forse anche a T.S. di Milo De Angelis, poesia in cui da una "uscita" si ritorna indietro fino al desiderio che nasce, il gesto. Nelle poesie di Giulio Zambon troviamo naturalmente anche altri percorsi, ma al tempo stesso sembra che pure lui stia un po' giocando la stessa partita di questi autori, ma a carte scoperte, forte di una tradizione che ha collaudato le sue analogie e che gli permette un senso più disteso del racconto, una chiave cifrata in meno. Sempre per restare nella metafora del gioco, mi viene da chiedermi chi potrebbe sedere con lui a questo tavolo tra i suoi coestanei/e. Penso per esempio alla silloge di Pordenone Esordi 2024 (qui: https://static.pordenonelegge.it/assets/pdf/2024/Esordi%202024.pdf?_gl=1... ), soprattutto alle poesie di Maria José Brialdi e Alessia Giordano, e mi domando se non stiano giocando ciascuno/ciascuna con la propria mano la stessa partita, e quindi quali carte potrebbero scambiarsi, o con che idee infestarsi, vedere come fissare insieme la posta in gioco.
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Dove vanno gli insetti
dove vanno gli insetti, spingendosi e sparendo
sotto le porte chiuse
seguendo la promessa di chi prima di loro, davanti a loro
è scomparso.
scendono
penetrano il marcio delle travi, accoccolandosi
nell'utero, dove siamo
siamo fratelli, ci raccogliamo attorno a un tavolo per mangiare
e le formiche confusamente nella farina
allagano divorandola. lasciatela sparire
come il collo della bottiglia. quindi è così
che siamo venuti
nella luce tiepida di un soggiorno, che possiamo rientrare
e sparire o rinascere
come le formiche che spingono per penetrare e invece escono.
dove vanno gli insetti o dove stanno tornando.
Ghiaia
c'è qualcosa in questi scivoli nuovi che non ho mai visto
una corsa oscura, la serietà dei bambini
ce ne sono due nel fondo fermi nel buio
li vedo stringere l'alleanza segreta
con l'imperfetto indicativo dei loro giochi
poi fuggire, rincorrersi senza fare finta
nel calpestio eterno
nel cortile vuoto e senza bambini.
seppelliscono i loro passi nella ghiaia, che li trattiene
li imbalsama nella loro morte
continueranno a giocare nel cimitero delle loro orme
a nascondere nei sassi senza saperlo la cimice
uccisa della loro infanzia
che è nel bianco recondito del muro, sola, sull'intonaco
sconfinato. mi avvicino
riformulo per sempre il gesto
come in un sogno. la cimice
senza occhi mi sorveglia, conosce la mia vita.
nella casetta di plastica, nel coagulo remoto del cortile
ho pronunciato il mio buio.
dalla schiena si separano le ali. vibrano. la madre rompe
la placenta. esce.
Amniotico
solo una volta siamo usciti con la testa imbevuta di nostra madre da nostra madre
così rientriamo mentre i grandi ci sbirciano
somiglia a uno scarafaggio questo nostro penetrare senza gambe, spingerci
dove misteriosamente sono le cose non nate.
sbuchiamo come loro dopo essere scomparsi nel grembo del battiscopa. possiamo tastare
con queste manine di feto, riconoscere il buio amniotico
sono palline. che possiamo schiacciare, guardare rigonfiarsi nello spasmo lento e senza vita.
le salamandre con la testa schiacciata allargano e stringono le dita
agguanto nell'aria vuota quelle della loro madre.
i grandi non possono entrare. chiudono nelle mani la lucciola, la spiano. si aggirerà
senza una colpa chiedendo di essere guardata, voluta
«mamma! guarda mammal». anche noi ci aggireremo, giocheremo a non sapere
come staccare le zampe a un insetto. ma i grandi non ci potranno filmare
continueremo a sorridere. coveranno le videocamere nel tabernacolo delle mani. ci lasceremo
ingoiare. scenderemo come saliva. docilmente sapremo
deglutendola la consistenza, l'opalescenza del seme.
Giulio Zambon nasce nel 1998 a Thiene, nel vicentino, e vive a Ferrara. È laureato in Italianistica e diplomato in Pianoforte. È stato libraio, direttore di una piccola collana di poesia, docente di musica e maestro di palco presso il Teatro Comunale ferrarese. Oggi insegna letteratura italiana nelle scuole e si occupa di divulgazione di poesia sui social. Sue poesie sono apparse nel n. 25 della rivista Poesia di Crocetti e hanno ricevuto premi e menzioni, tra cui una menzione presso il Concorso "Facoltà di Poesia" dell'Università di Siena (2022) e il premio "Niccolò Bizzarri" di Firenze (sempre 2022).