Federico Carrera

Poesie inedite
31 Gennaio 2025

 

Nel 1950 chiude l'impresa aeronautica di Giovan Battista Caproni (chi ha visto Si alza il vento dello studio Ghibli, che non si chiama così per caso, lo ha già conosciuto, forse senza saperlo), iconica non solo per gli appassionati di aeronautica, ma anche per gli amanti dei motori a quattro ruote: la CEMSA Caproni F.11, un prototipo di berlina prodotta dall'azienda nel dopoguerra in una fase di sperimentazione in Italia su modelli a trazione anteriore. Nello stesso anno muore la madre di Giorgio Caproni, il 15 febbraio. Due anni dopo verranno pubblicate le Stanze della funicolare, scritte però sempre nel 1950; qui né automobili né aerei, ma le rotaie della funicolare, un tracciato fisso di cui non è possibile stabilire fermate altre rispetto a quelle predisposte, il momento in cui chiedere l'alt (espressione che Caproni usa come refrain via via sempre più opprimente per chiudere ogni stanza del componimento) che non dipende dal passeggero. Nelle poesie inedite di Federico Carrera convivono questi due Caproni, il poeta e l'industriale. Del Caproni industriale abbiamo l'automobile berlina a trazione anteriore (in queste poesie non ci sono SUV; al massimo una Peugeot sostitutiva), il conseguente lessico della guida: i fari, la tangenziale, il traffico che ci costringe e ci inchioda, atmosfere di nebbia e smog da inizio o fine giornata sulla statale. Invece, nonostante da Carrera venga chiamato esplicitamente in causa il Caproni poeta de Il franco cacciatore o Il Conte di Kevenhüller (silenzioso al volante io mi chiedo: / cacciato o cacciatore? circolarità della caccia), è in realtà il Caproni poeta della funicolare quello con cui Carrera condivide più soluzione: Mentre via, / via essa ascende vibrando sottile ; E via per scogli freschissimi ed aria ; via la fa / scivolare in Caproni; mentre lontano sulla tangenziale / il giorno via via scorre ; e via verso i binari // via verso l'altrove in Carrera. Potremmo impegnarci a cercare altre eco: dal Montale della Primavera hitleriana: l'estate imminente sprigiona vs il vapore che il cemento / sprigiona l'estate, fino a fantastico sulla tua vita ora / su quanto sia meravigliosa che ci fa pensare alla Vita meravigliosa di Patrizia Cavalli; ma quello che a me interessa è quello che dal confronto col Caproni funicolareggiante ci si porta a casa. Il senso di disagio che ci trasmettono le sue Stanze della funicolare dipende molto dell'impossibilità di fermare a proprio piacimento il veicolo: le fermate mancate, passando per tunnel e nebbia quasi infernali, si caricano di senso e assomigliano pericolosamente a occasioni sfuggite lungo suo tragitto che porta alla nebbia da Erebo in cui sono avvolte figure femminili ormai impossibili da incontrare. In Carrera il disagio non si gioca sul piano della strada giusta (in quanto unica con le rotaie) con le fermate "mancate"; l'auto si può fermare quando lo si preferisce, ma non serve a nulla, rispetto alla figura femminile si seguono vite parallele e divise, la strada da seguire sarebbe un'altra, tanto che nemmeno il cambio di veicolo dell'ultima poesia può rimediare a questa distanza. Mi sembra sia questo l'apporto dei testi di Carrera al genere, in espansione sempre maggiore, della poesia "al volante", da Sereni sulla strada di Zenna e Pasolini sulla Tuscolana fino al Mencarelli di In marcia, una tradizione in cui riesce a declinare il tema in continuità con le prove passate ma senza seguire i loro stessi binari.

 

 

 

 

 

 

AVVISTAMENTI E OMBRE

 

 

Ormai ci sfioriamo solo più tanto

quando passo per via Toscana

tornando dalle ripetizioni e tu chissà

forse riaccompagni a casa la tua amica

che vive lì di fianco. Stiamo imparando

a vivere queste vite parallele e divise,

ma quando butto l’occhio allo specchietto

vedo dietro i denti di leone che formano

i fari della tua macchina bianca e freno

per illuminarla di rosso e vedere se dentro

ti nascondi tu, in questo gioco all’indietro

di pedinamento mentale (sono io che ti seguo

o la tua immagine non mi lascia più andare?)

 

 

*

 

 

Finisco di fare la mia parte

e ti saluto con un gesto,

tu ti giri e ti allontani e

ancora addio, amore mio,

non ti scuso e non ti odio -

mi ripeto ormai alla guida

lontano sulla tangenziale

il giorno via via scorre

ed è sempre più vero

e vivo questo male.

 

 

*

 

 

                                              a Elisabetta F.

 

 

Spero di assicurarmi presto

il loculo con vista tangenziale

al cimitero poco fuori Modena

che lì si affaccia, così

immagina su quali e quanti

possibili altrove e immaginari

potremmo insieme

retro-proiettarci e forse dirci

poco o più soddisfatti

di quei così disfatti

avvenire nostri e quotidiani…

 

 

Certo sarà impossibile

chiedersi la mano

reggere il fiore poggiato

lamentarsi infine

dello smog post-industriale

della pioggia che sa di sale

di quel male che ci prende

qualche volta e che ci stringe…

 

 

Sarà di nulla l’aria fredda

e il vapore che il cemento

sprigiona l’estate o quando

come oggi ci imbottiglia

un traffico improvviso

che ritarda il tempo

dilata le angosce e ancora

ci costringe e ci inchioda

qui fermi a immaginare.

 

 

 

*

 

 

 

È passato tanto tempo - lo so - ma

stamattina non posso non raccontarti

cosa mi è successo. Quando esco,

subito comincia a grandinare:

il finestrino esplode, il montante

si piega, la mia macchina è ferita.

 

 

Allora la porto a riparare e così,

come auto sostitutiva, la tua Peugeot -

ma quando salgo e guido,

silenzioso al volante io mi chiedo:

cacciato o cacciatore?

Forse adesso finalmente,

come nella migliore storia d’amore,

io divento tu e tu diventi me

ci scambiamo i ruoli ci completiamo

i rispettivi sensi esistenziali

e fantastico sulla tua vita ora

su quanto sia meravigliosa…

 

 

Ma poi io rimango io. Tu rimani tu.

E ora è nebbia, sola nebbia

buio e solitudine e tante lettere

buttate per te su fogli e cartelle

che non leggi e che non senti.

Cento all’ora, ma con fatica,

in tangenziale, il sole sorge ancora,

sorge per ora, verso la stazione

e via verso i binari

 

 

via verso l’altrove.

 

 

 

 

 

 

Federico Carrera (Modena, 2000), laureato in Lettere Classiche e in Italianistica, studia Filologia classica all’Università di Bologna. Appassionato cinefilo, ha realizzato diversi cortometraggi disponibili sul suo canale YouTube. In poesia, ha pubblicato le raccolte Frammenti di noia (2019) e Tentativi di vita (2021 – Premio Mauro Maconi 2022). Collabora da diversi anni con il Poesia Festival delle Terre dei Castelli ed è nella redazione di «Poesia del Nostro Tempo». Suoi testi sono apparsi su alcune riviste e blog online.