
L'ora dei ciliegi di Sofia Zoli rappresenta l'inizio della nostra nuova rubrica Corpo&voce, dove poeti slam e performativi sono chiamati a recitare un proprio testo e presentarlo in forma scritta in due momenti separati.
L’intento è quello di indagare il rapporto tra parola scritta e oralità, soffermandosi non tanto sul passaggio dalla pagina alla voce, ma su quello dalla voce (e dal corpo) alla pagina, procedendo in senso opposto ai filologi: nessun poeta slam, infatti, è stato ferito nella realizzazione di questo progetto- il testo "immortalato" qui, dunque, sarà portato in scena altre volte, e ogni volta andrà diversamente. Proprio perché è stato pensato per il palco, la sua interazione con la pagina risulta particolarmente interessante.
Il testo di Sofia Zoli, col suo impianto fortemente narrativo, costituisce un punto di inizio perfetto. Se nella sua forma audio-visiva l'autrice appare accorpare alcuni versi nei momenti tonalmente più distesi, la versificazione scritta sembra propedeutica a una lettura ritmica. I tempi della Slam, spesso serrati (3 minuti), sembrano essere quasi in contrasto a un testo il cui tema principale è il tempo stesso. Il passato storico e il ricordo si sovrappongono in uno scenario che richiama le campagne della bassa, in una stasi in cui la protagonista sembra stare stretta, apparentemente impossibilitata a "crescere alta". Tuttavia, come le piante crescono adeguandosi all'ambiente, anche "l'ora dei ciliegi" di Sofia Zoli si reinventa all'occorrenza senza mai smettere di essere stessa poesia. È un modo reattivo di affrontare il tema della crescita in relazione alla tradizione, che già nel suo aspetto formale rivela il suo contenuto. Questa poesia, infatti, non potrebbe esistere diversamente, proprio perché esiste in tanti modi diversi.
Potete trovare il video qui: https://vm.tiktok.com/ZNdcfdXoc/
E il testo completo di seguito:
Al tempo
La pioggia era una carezza
Accorciava la polvere
La stendeva puntuale sul campo,
Passava l'aratro dopo il caldo:
Dava respiro alla terra.
C'era un campo di grano
davanti alla casa:
Si percorreva a sentieri inventati,
Fingeva ci fossero volpi
e a volte ci faceva paura
e tornavamo tagliate di foglie
a piedi scalzi bagnati di terra
ci dicevamo coraggiose, allora
Di aver percorso tanta strada
Senza vedere la meta
La sera
placava il rumore del vento
E dall'alto si vedeva anche quello
-
Lontano
Diceva il vicino
-
Sull'argine
Erano morti i tedeschi
Erano poco più che ventenni,
Al tempo
Lo scalavamo in silenzio
e in punta di piedi.
D'inverno
il fiume ghiacciava
E la neve fermava tutto
La strada era appena un metro
Il freddo la restringeva
Allora
riempivamo le stanze
Con l'odore del pane
Bruciavamo ginocchia davanti al fuoco
La domenica a pranzo
Ada faceva la pasta all'uovo.
Un giorno l'ho vista spennare gli uccelli
Ho pensato che in fondo
fosse peggio lei
della volpe.
Al tempo
c'erano tutte le oreE le stagione erano intere
Mai mezze
E non c'erano pesi sul cuore
Anche se Rosa diceva
Che senza sacramenti finivo all'inferno
E io per dispetto
Non li ho mai fatti.
Al tempo
Forse
Ricordavo
un po' meglio di adesso
Con ventitré anni di peso
Rubati alla schiena
Che sembrano pochi
Senza contare
tutte le volte che maggio
Non ha mai fiorito niente
Al tempo
Forse
C'era altro oltre il dentro
Per cui essere contenti
Ma piangono anche i padri
A volte
di notte
d'estate
Hanno figli strappati,
I miei padri
Ma mani leggere
Per curarsi e creare
Le madri
Hanno labbra sottili
Vertebre
Ma mani ruvide
Per convincere il grano a sbocciare
Sogni pesanti per corpi leggeri
La pazienza non serve alla fame
e tra la cura e la fretta
Un frutto acerbo
non sazia
Che tenta
Un papavero di fiorire
D'inverno
Se deve dar voce ai sogni irrisolti
Ma sempre si spezzaE un tempo
Forse
Potevo permettermi d'essere docile
A prendere colpe rimaste
A mezz'aria
Ma poi si strozza
la gola
E l'alba che succede al tramonto
Non è sufficiente
Ha solchi già antichi
La pelle che porto
Basta una carezza ad aprirli
Hanno già un nome
Le lacrime agli occhi
E le mani
tutto il freddo che serve a pensare
Senza sapere come
muovere un dito
Ma restano gambe
Per poter camminare
E ora
che il tempo è passato
Violento
E ha sofferto la fame
Il mio tempo
Ha fatto e disfatto
L'erba del fascio
Poi scritto di tutto
Il mio tempo
d’un fumo e d’un fiato
Che nessuno ha capito
Che sono vent'anni
Che il mio cielo di Brest
È sempre stato d'acciaio
e ciò che è permesso
In guerra e in amore
Io l'ho abiurato
Quanto ho sofferto
Il coraggio d'essere vinta
Senza averlo mai scelto
Mi chiedi
Di essere quercia
Di crescere alta
Ma sapessi del tempo
Che ha voluto la terra
A passare l'invernoE salvare i germogli
Tu, questa campagna
La guarderesti da fuori
Non coglieresti
neppure
un fiore.
Sofia Zoli (Faenza, 2001) è organizzatrice di eventi, presentatrice e performer.
Nel 2022 fonda In Bianco - un progetto di cultura scondita a Faenza e nel 2024, con Giuseppe Armillotta, fonda il collettivo DuoCane a Bologna.
Dal 2022 partecipa attivamente nell'ambiente del Poetry Slam italiano, partecipando a numerosi slam in tutta la penisola, mentre dal 2024 dirige il format Raw Poetry in Piazza Santo Stefano.
