Corpo e voce – Sofia Zoli

Il tempo dei ciliegi
26 Ottobre 2025

L'ora dei ciliegi di Sofia Zoli rappresenta l'inizio della nostra nuova rubrica Corpo&voce, dove poeti slam e performativi sono chiamati a recitare un proprio testo e presentarlo in forma scritta in due momenti separati. 

L’intento è quello di indagare il rapporto tra parola scritta e oralità, soffermandosi non tanto sul passaggio dalla pagina alla voce, ma su quello dalla voce (e dal corpo) alla pagina, procedendo in senso opposto ai filologi: nessun poeta slam, infatti, è stato ferito nella realizzazione di questo progetto- il testo "immortalato" qui, dunque, sarà portato in scena altre volte, e ogni volta andrà diversamente. Proprio perché è stato pensato per il palco, la sua interazione con la pagina risulta particolarmente interessante.

 

Il testo di Sofia Zoli, col suo impianto fortemente narrativo, costituisce un punto di inizio perfetto. Se nella sua forma audio-visiva l'autrice appare accorpare alcuni versi nei momenti tonalmente più distesi, la versificazione scritta sembra propedeutica a una lettura ritmica. I tempi della Slam, spesso serrati (3 minuti), sembrano essere quasi in contrasto a un testo il cui tema principale è il tempo stesso. Il passato storico e il ricordo si sovrappongono in uno scenario che richiama le campagne della bassa, in una stasi in cui la protagonista sembra stare stretta, apparentemente impossibilitata a "crescere alta".  Tuttavia, come le piante crescono adeguandosi all'ambiente, anche "l'ora dei ciliegi" di Sofia Zoli si reinventa all'occorrenza senza mai smettere di essere stessa poesia. È un modo reattivo di affrontare il tema della crescita in relazione alla tradizione, che già nel suo aspetto formale rivela il suo contenuto. Questa poesia, infatti, non potrebbe esistere diversamente, proprio perché esiste in tanti modi diversi.

 

Potete trovare il video qui: https://vm.tiktok.com/ZNdcfdXoc/

 

E il testo completo di seguito:

 

Al tempo

La pioggia era una carezza

Accorciava la polvere

La stendeva puntuale sul campo,

Passava l'aratro dopo il caldo:

Dava respiro alla terra.

C'era un campo di grano

davanti alla casa:

Si percorreva a sentieri inventati,

Fingeva ci fossero volpi

e a volte ci faceva paura

e tornavamo tagliate di foglie

a piedi scalzi bagnati di terra

ci dicevamo coraggiose, allora

Di aver percorso tanta strada

Senza vedere la meta

La sera

placava il rumore del vento

E dall'alto si vedeva anche quello

-

Lontano

Diceva il vicino

-

Sull'argine

Erano morti i tedeschi

Erano poco più che ventenni,

Al tempo

Lo scalavamo in silenzio

e in punta di piedi.

D'inverno

il fiume ghiacciava

E la neve fermava tutto

La strada era appena un metro

Il freddo la restringeva

Allora

riempivamo le stanze

Con l'odore del pane

Bruciavamo ginocchia davanti al fuoco

La domenica a pranzo

Ada faceva la pasta all'uovo.

Un giorno l'ho vista spennare gli uccelli

Ho pensato che in fondo

fosse peggio lei

della volpe.

Al tempo

c'erano tutte le oreE le stagione erano intere

Mai mezze

E non c'erano pesi sul cuore

Anche se Rosa diceva

Che senza sacramenti finivo all'inferno

E io per dispetto

Non li ho mai fatti.

Al tempo

Forse

Ricordavo

un po' meglio di adesso

Con ventitré anni di peso

Rubati alla schiena

Che sembrano pochi

Senza contare

tutte le volte che maggio

Non ha mai fiorito niente

Al tempo

Forse

C'era altro oltre il dentro

Per cui essere contenti

Ma piangono anche i padri

A volte

di notte

d'estate

Hanno figli strappati,

I miei padri

Ma mani leggere

Per curarsi e creare

Le madri

Hanno labbra sottili

Vertebre

Ma mani ruvide

Per convincere il grano a sbocciare

Sogni pesanti per corpi leggeri

La pazienza non serve alla fame

e tra la cura e la fretta

Un frutto acerbo

non sazia

Che tenta

Un papavero di fiorire

D'inverno

Se deve dar voce ai sogni irrisolti

Ma sempre si spezzaE un tempo

Forse

Potevo permettermi d'essere docile

A prendere colpe rimaste

A mezz'aria

Ma poi si strozza

la gola

E l'alba che succede al tramonto

Non è sufficiente

Ha solchi già antichi

La pelle che porto

Basta una carezza ad aprirli

Hanno già un nome

Le lacrime agli occhi

E le mani

tutto il freddo che serve a pensare

Senza sapere come

muovere un dito

Ma restano gambe

Per poter camminare

E ora

che il tempo è passato

Violento

E ha sofferto la fame

Il mio tempo

Ha fatto e disfatto

L'erba del fascio

Poi scritto di tutto

Il mio tempo

d’un fumo e d’un fiato

Che nessuno ha capito

Che sono vent'anni

Che il mio cielo di Brest

È sempre stato d'acciaio

e ciò che è permesso

In guerra e in amore

Io l'ho abiurato

Quanto ho sofferto

Il coraggio d'essere vinta

Senza averlo mai scelto

Mi chiedi

Di essere quercia

Di crescere alta

Ma sapessi del tempo

Che ha voluto la terra

A passare l'invernoE salvare i germogli

Tu, questa campagna

La guarderesti da fuori

Non coglieresti

neppure

un fiore.

 

Sofia Zoli (Faenza, 2001) è organizzatrice di eventi, presentatrice e performer. 

Nel 2022 fonda In Bianco - un progetto di cultura scondita a Faenza e nel 2024, con Giuseppe Armillotta, fonda il collettivo DuoCane a Bologna. 

Dal 2022 partecipa attivamente nell'ambiente del Poetry Slam italiano, partecipando a numerosi slam in tutta la penisola, mentre dal 2024 dirige il format Raw Poetry in Piazza Santo Stefano.