Andrea Pifferi - poesie inedite

La muffa che cresce sul lenzuolo / è anch’essa nuova vita / e cresce, educa alla rabbia o il perdono
8 Dicembre 2023

 

Di questa breve selezione dalle poesie di Andrea Pifferi resta decisamente memorabile, dopo una prima lettura, la figura del nonno, il modo in cui si rapporta con le forme di vita circostanti, come in questi versi, nei quali lo si trova intento a cogliere fichi e a scacciare le vespe che li attorniano: Vedo il nonno strapparne altri / e fare schiaffi. Aveva comunque la schiena già rossa. L'ambientazione è la campagna emiliana, e la sensazione che Pifferi ci restituisce è un appiattimento generale. Tutto viene portato sullo stesso piano: gli animali con cui interagisce il nonno sono posti sul medesimo livello del nipote-voce, il suo dominio è identico sui primi e su quest'ultimo; i versi accostano in successione immagini e periodi che si potenziano a vicenda seguendo una paratassi tendenzialmente costruita sull'asindeto Ho avuto funerali da giovane, a lungo / gelati con lo stesso gusto. / Stiracchio le braccia / senza raggiungere i piedi. // Se fosse solitudine, verserei l'acqua per i fiori. / Nel cadavere i vermi trovano il cibo. Ma questi sono soltanto gli aspetti più osservabili nell'immediato. A rileggere le poesie di Pifferi diventa gradualmente riscontrabile una poetica della reticenza. La paratassi diffusa risponde a questa esigenza: le coordinate non rendono la lettura dei suoi testi più scorrevole, piuttosto la rallentano e ne esaltano i dettagli più inquietanti. Il nonno torna con mani bianchicce. / Le galline chiocciando sembrano la mamma / che urla e insegna e scrivo mamma / con le lettere il più vicino possibile o, nel momento della fuga dai cinghiali dopo un incidente stradale: quindi corriamo - controvoglia / anche - per risalire l'albero / e guardarli inciampare. Perché la parola "mamma" va scritta con lettere il più vicino possibile? Perché correre per salvare la propria vita è qualcosa che viene fatto "controvoglia"? L'impressione che ne ho avuto è che questa reticenza derivi in primis da un contatto diretto col degradarsi della vita raffigurata in queste poesie: le vespe fanno marcire i fichi, le lumache friggono, i pugni si sciolgono, e il nonno stesso si decompone nella malattia ancora vivendo proprio sul letto matrimoniale da cui ha avuto origine la famiglia. La visione conclusiva (di questa serie sola) della muffa e del riscatto che rappresenta è sicuramente un approdo che, per quanto necessario e inevitabile, è solo temporaneo. Una risposta a questo problema non può dipendere da una consapevolezza della ricchezza di vita che rende generazione la marcescenza (Elden Ring da questo punto vista ci ha già mostrato la letterale palus putredinis di Aeonia in-game da cui germogliano i giganteschi fiori della marcescenza scarlatta per dare concretezza a questo concetto). La poesia di Pifferi, piuttosto che puntare sulla didascalicità, gioca tutto sul soggetto che assiste a questo ciclo, il nipote-voce, spaurito e inetto, di cui però ci sfuggono i gesti, i ragionamenti veri e propri. Ne vediamo solo i punti d'arrivo, e questo ci chiama in causa: dobbiamo comprendere noi cosa c'è dietro, dire noi ciò che la reticenza ha trattenuto per poter dare un inizio a queste poesie di cui noi vediamo solo la fine, trovare non la vita che viene dopo la morte, ma quella che era arrivata prima.

 

 

 

*

 

Il terribile incarico

di prendere i fichi

per farne composte sgustose.

 

Torno con pochi nel secchio:

le vespe sull’albero pullulano e riempiono

di orrore il suono attorno.

Vedo il nonno strapparne altri

e fare schiaffi. Aveva comunque la schiena già rossa.

 

Mi deride e pazienta.

Domani servono altri frutti

fumo d’insetti che murano e ficcano il corpo

nel sugo per farlo marcire.

 

L’albero è in fondo al giardino e raggiungerlo

chiede un coraggio che so

esistere altrove.

Qui ho ventiquattro anni.

 

*

 

La prossimità è limacciosa

ma più avanti il fiume

ora in secca, i legni pungiglioni per le ginocchia

che scavalcavano ed erano morse

dal serpente in attesa

di vivere nel salto,

richiama.

 

 

Promettere un annegamento

nello strappo di cui l’acqua

è causa e inconsapevole,

ormai più avanti. L’aorta scoppia

 

 

i pugni si sciolgono. Giù.

Sto scrivendo tutto questo con una penna blu.

 

*

 

Negli anni in cui ampliavano il cimitero

crescevo. Forse, a dire mi ferisci o

non ho imparato niente da questo, il colore dei capelli

cambiava, c’erano scarpe nuove per me.

Per me, come a dire all’asilo che i nei

sono residui del fango

da dove è nato Adamo

che, saltellando tra i fiori, parlava parole.

 

 

Ho avuto funerali da giovane, a lungo

gelati con lo stesso gusto.

Stiracchio le braccia

senza raggiungere i piedi.

 

 

Se fosse solitudine, verserei l’acqua per i fiori.

Nel cadavere i vermi trovano cibo.

 

*

 

Il guscio implica lumaca, fuggita alla vista

davanti al garage del nonno.

 

Lui è alle galline.

La calce risolve lo sporco

o i pulcini ciclicamente morti - i conigli è sempre come

scoppiassero agli estremi delle gabbie.

 

Alcune lumache sono entrate nelle scarpe

e mi piace spaventarle.

Chiamano e chiudono le antenne

come le nuvole il sole ora.

Il recinto che strapiomba al canale vorrebbe riparato.

Mi tenta più che proteggere.

 

Il nonno torna con mani bianchicce.

Le galline chiocciando sembrano la mamma

che urla e insegna e scrivo mamma

con le lettere il più vicino possibile.

Le lumache friggono

sul motore dell’auto che s’accende.

 

*

 

Il cinghiale

dopo la curva

ha spezzato l’auto

e arranca, più avanti cede.

 

 

I cinghiali possono scattare

come nube di carne per cui morire

 

quindi corriamo – controvoglia

anche – per risalire l’albero

e guardarli inciampare.

 

Vorremmo dall’albero buttarci

e testare l’elasticità della nostra pelle.

 

*

 

Esclama o bisbiglia

nell’odore delle piaghe

il nonno a ridosso del letto di morte

che fu letto di nuova vita,

abbandono che esige risposta

 

nel corpo

che ancora vivendo

si decompone.

 

La muffa che cresce sul lenzuolo

è anch’essa nuova vita

e cresce, educa alla rabbia o il perdono

 

che compie

nel suono della parola

nelle mani che hanno gridato scattando

vite, l’amore.

 

 

 

 

Andrea Pifferi, 25 anni, è nativo di Roteglia (RE) ma risiede a Bologna dal 2016. Qui ha studiato Lettere, dove si è laureato con una tesi sull'opera scritta di Beppe Salvia. Frequenta il Centro di poesia contemporanea, per il quale ha curato incontri delle rassegne Miscellanea e Border:line-linee di confine. L'attività di scrittura è nel 2023 confluita nella composizione di canzoni, in parallelo all'attività di musicista di strada.