Album delle uova

Poesie sull'uovo dal 1200 al 2000
20 Aprile 2025

 

Con questa selezione di poesie (almeno una per secolo) dalla tradizione a tema uovo ci siamo ritrovati in una situazione simile a quella che ci era capitata cercando di individuare almeno un fossile per secolo dal 1300 al 2000: nonostante il fatto che l'uovo, a differenza del fossile, sia un oggetto domestico, non è stato semplice scovarlo nella poesia italiana dalle origini fino alla modernità. Nel Novecento salta fuori da ogni parte; ma nei secoli precedenti lo troviamo solamente negli ambiti della poesia giocosa oppure, all'estremo opposto, didascalica. Sono esemplari i casi dei primi due testi che riportiamo: da un lato il famosissimo contrasto di Cielo d'Alcamo, che gioca in maniera allusiva sulla vicinanza tra il tempo di cottura di un uovo e il tempo necessario per sfogare la passione amorosa; dall'altro un estratto sullo struzzo mangia-ferro dal Dittamondo di Fazio degli Uberti, a modo suo imprescindibile poema didascalico post-dantesco. Anche Burchiello, e Busenello (con qualche inquietudine in più: polesini, pulcini che escono dal vuovo, uovo, e si prestano a sofferte considerazioni sulla mortalità umana), rientrano nell'ambito comico; persino Ariosto, in mezzo a questi due, con l'immagine di Greco che cammina sulle uova per entrare di soppiatto nel letto di Fiammetta, in un contesto da novella boccaccesca (con tanto di Fiammetta), ci conferma questa caratterizzazione scherzo dell'uovo. Per non parlare della Cicceide: per le vacanze avete il compito di scoprire qui (  https://it.m.wikipedia.org/wiki/Cicceide ) la sua storia. Per l'Ottocento abbiamo scelto una cosa un po' inusuale: Carducci che traduce i versi latini di un poeta gesuita del Settecento, Giulio Cesare Cordara. Lo abbiamo scelto perché Cordara riassume nei suoi versi sia la tendenza comica che quella didascalica. Infatti, nella poesia latina si fa gioco di chi usa paroloni greci in ogni situazione, arrivando a definire eliptico, ellittico, un umilissimo uovo; invece, in un suo capitolo ternario sugli insetti, si scaglia contro l'idea, a suo avviso ridicola, che gli insetti possano nascere veramente dalle uova. A questo punto forse entra in scena il simbolismo, ed è l'immagine stessa dell'uovo in poesia a schiudersi proprio come farebbe un vero uovo: non anticipiamo nessuna delle nostre proposte finali e vi lasciamo la sorpresa di andare a scoprirle in fondo all'articolo. 

 

 

Cielo d'Alcamo (XIII sec)

DAL CONTRASTO ROSA FRESCA AULENTISSIMA

 

“Sazzo che m’ami, [e] àmoti di core paladino.

Lèvati suso e vatene, tornaci a lo matino.

Se ciò che dico fàcemi, di bon cor t’amo e fino.

Quisso t’[ad]imprometto sanza faglia:

te’ la mia fede che m’hai in tua baglia.”

 

“Per zo che dici, càrama, neiente non mi movo.

Inanti pren[n]i e scànnami: tolli esto cortel novo.

Esto fatto far pòtesi inanti scalfi un uovo.

Arcompli mi’ talento, [a]mica bella,

ché l’arma co lo core mi si ‘nfella.”

 

 

 

 

Fazio degli Uberti (1301 c.a. - 1367 c.a.)

DAL DITTAMONDO 

 

Lo struzzo è pigro, e però la natura

Gli ha fatto sotto ogni ala uno sperone,

Col qual si punge a cercar sua pastura.

 

Di giugno copre l' uova col sabbione,

Il Sol le cova, e nati gli nutrica

Col fisso guardo che addosso lor pone.

 

Tanto è caldo, che uon gli è più fatica

Smaltir il ferro (e di ciò vidi prova),

Come il gran del formento alla formica.

 

Nè per cercar pastura o fuggir piova,

Tanto è grave, che con gli altri uccelli

Per l'aere a volo non par che si muova.

 

 

 

Domenico di Giovanni, il Burchiello (1404-1449)

 

Suon di campane in gelatina arrosto,

El diametro, e'l centro della fava,

Ed una Madia cieca, che covava

Uova di Capra, ch' eran pien di mosto.

 

Domandando di ciò, mi fu risposto

Da un Fattappio bigio, che volava,

Che se l'imbasceria non se ne andava,

Che ben se n'avvedrebbon tosto, tosto.

 

Comunche gli ebbon tal proposta intesa

Ratti n'andaron tutti alle Gualchiere

Per guarire intrafatto della scesa.

 

Allora ebbon gran doglia le saliere,

E mandarono un propio in Valdipesa,

Che fusse lor mandato un per quartiere.

 

Di poi le Cervelliere

Hanno studiato sempre in Aritmetica,

Veggendo, che la Cupola farnetica.

 

 

 

Ludovico Ariosto (1474-1533)

DALL'ORLANDO FURIOSO

 

Canto XXVVIII, 63

 

Fa lunghi i passi, e sempre in quel di dietro

tutto si ferma, e l’altro par che muova

a guisa che di dar tema nel vetro,

non che ’l terreno abbia a calcar, ma l’uova;

e tien la mano inanzi simil metro,

va brancolando infin che ’l letto trova:

e di lá dove gli altri avean le piante,

tacito si cacciò col capo inante.

 

 

 

Gian Francesco Busenello (1598-1659)

DA VITA NOSTRA E MORTE

 

[...] Dolce cossa è la vita. I polesíni

a pena uscíi dal vuovo e ponti vivi,

se ben de mente e d'intelletto privi,

della vita è gelosi, i coresíni.

 

E s'el nebio o el buzzò ghe dà de becco

e che i cogne morir, vedé che i tira

i so peníni, e i pòntola, e i sospira

per non restar in calma eterna, in secco.

 

In soma, sto restar sabion da ore,

sto aver la fossa certa e 'l resto in sorte,

e sto ingiotir come un boccon la morte,

me pesta i sensi e me dà le cottore.

 

 

 

 

Giovanni Francesco Lazzarelli (1621-1692)

DALLA CICCEIDE

 

L'Autore per i Critici della Cicceide.

CCCXIII.

 

Certi, che non avendo altro da fare,

Stan sempre sul notar gli altrui difetti,

Sento, che si son messi a criticare,

Cercando il pel nell'uovo, i miei Sonetti.

 

Onde alle man di questi Zoiletti

D'esser quella gallina omai mi pare,

Sopra la qual da trinciator' provetti

I manco esperti imparano a tagliare.

 

Io però non mi pongo a biasimarlo,

E siasi cosa facile, o scabrosa

Cercare il pel nell'uovo, io non ne parlo;

 

Ma dato ancor, che sia difficultosa,

Egli è certo però, che il ritrovarlo

Tra l'uova de' C.... è facil cosa.

 

 

Giulio Cesare Cordara (1704-1785)

DA GL'INSETTI

 

 

Se poi dovessi dir quello ch'io sento

Del modo onde una mosca si compone,

Qual n'è il fabbricator, qual l' istromento,

 

Confesso che vien men la mia ragione,

Perchè nella putredine non trovo

Per opra tal virtù nè proporzione.

 

Ma quei che la fan nascere dall'ovo,

Confusi al par di me convien che sieno,

Spiegar volendo ciò ch' avvien di nuovo.

 

[...]

 

Questa sempre sarà la mia sentenza,

Ch' in astruso cammin non mi vergogno

In aiuto chiamar l' Onnipotenza.

 

Nè tutto a fondo penetrare agogno,

Come fanno oggidì certi, che appunto

Ne vogliono saper più del bisogno.

 

 

 

Giosuè Carducci (1835-1907)

TRADUZIONE DI UNA SATIRA LATINA DI CORDARA

 

 

Egregiamente

Tu parlerai se ad ogni passo ne le

Favole conte un ellenismo piova,

Ed una doppia e pur di greca stirpe

Vocetta nuova. Né oggimai piú tonda

Ma ciclica per te sia la padella

Ed elliptico l’uovo e microcosmo

L’uomo; e a’ ruscelli ed a gli uccelli e a’ nembi

De’ poeti e a le selve de’ pittori

Titolo affiggerai sacro, parergon.

Oh se Pindaro in bocca alcuna volta

E Tucidide a te suoni e le pure

Nèfele d’Aristofane o d’Omero

La rapsodia divina! Quali rughe

Mirabonde vedrai, quali udirai

Voci di sofi: — Oh greco dal ciel messo! —

Meno s’affigge con aperta bocca

La contadina, quando a leî pensosa

De la quartana del marito apprende

Affetto lui di lento emitriteo

Il medico verboso e con ambage

Lungi filata attonita l’avvolge.

 

 

 

Corrado Govoni (1884-1965)

DA FUOCHI D'ARTIFIZIO (1905)

 

Sabato Santo

 

 

[...] Le imagini ed i crocefissi sono imbacuccati

di violetto ed i vasi ànno dei fiori disseccati

simili a quelli morti dentro i libri di memorie.

 

Dei fanciulli in ginocchio per il limitare

battono degli ordegni fatti con il biodo.

Oggi si tinge d'erba spagna l'uovo sodo

o con pezze a colori per giuocare

domani nel sagrato a chi lo può prima scocciare.

 

Stridono ancora delle raganelle.

La nativa casupola è in faccende.

Nel salotto si miser, le primaverili tende.

Sul prato frullano le rondinelle;

ed il forno è fragrante di ciambelle.

 

 

 

Piero Bigongiari (1914-1997)

DA TORRE DI ARNOLFO (1964)

 

Cielo toscano

 

Sigilla o dissigilla questo cielo

nebbioso la pavoncella? Vi spare

pluviale farfalla lamentandosi,

con la sua verdazzurra ceralacca.

 

È mota informe l'orma che ha lasciato

il bove negli arati: per le uova

culla infida, segnacolo di vita

appena se la vanella aumenta

 

il suo volo dimentico. Sigilla

o dissigilla il cielo? Ed io t'amo,

io t'amo o t'allontano?, se nel cavo

della tua mano vuoto la carezza

 

del suo fuoco... È un addio tepido quanto

vi continua la vita e la rimanda all'informe

dove ogni forma dorme

e separa molecola da molecola.

 

Cielo toscano, quanto so, quanto amo,

indivisibile tra stagni, marcite,

lampi, bufere, specchi inabissati,

sigillo, dissigillo, vana specola.

 

 

Antonio Porta (1935-1989)

DA CARA (1969)

 

Intervento dell'utopia nel racconto

 

a)

Esiste la sfera d'oro l'uovo

cerchio puro immaginato in forma

d'uovo:

al centro della montagna è il grande uovo

trasparente tutta di cristallo gelatina

medusa

si rovescia fuori in pioggia di meduse

stellari infinite forme arancione registrate

all'interno

trasparente quel punto dove si sospende indica

la freccia amaranto la punta gigantesca arroventa

fino da lontano

ingigantendosi sempre più da lontano cresce

guardandola avvicinandosi lo sappiamo che c'è

una volta

arrivando incontrandoli su quella soglia messaggeri

muovendoci con decisione trattenuti per gli ultimi mantelli

con la spada di fuoco

la scatola d'argento navigando lungo il fiume di pietra

drizzati con i capelli in ciuffi alti il ciuffo-chiave

cucito sotto la pelle proteggono i testicoli sotto la verga

è il cazzo d'oro

partiti nel giorno indispensabile dei morti sempre

meno correndo sempre con meno affanno incominciando

l'uovo

rivedendolo dopo la curva più stretta sospeso

lo trattiene la rete dei capelli trasparenti

la montagna

le bacinelle con l'acqua gelosamente conservandole

il giorno in cui si cade per morire per continuare di corsa

a frustate

rapidamente liberati infliggendone numerose ai presenti

uccidendo i necessari scambiate le fruste con serpenti

a due code

a due teste vomitati un momento prima d'essere squartati

è il serpente-padre prima della disfatta disceso

la sfera

sopra di noi le infinite varietà di uccelli indicatori

precipitando nell'uovo sciogliendosi tra le piante

la fanciulla-cintura

salvezza scendendo ai nostri piedi violata

tra le cosce nella montagna di quarzo risolutiva 

in volo

l'uovo esplodendo coltivazione sopra gli uccelli-concime

è il regno dei vivi.

 

 

 

Gian Mario Villalta (1959)

DA VOSE DE VOSE (1995)

 

(L'è pena le diese, la xente

la se sparnissa, ogni un

par la so strada, come s'i 'ndesse fora

dal cine o da n'ospedal. L'è sol

che le diese, no se pol

dirghe a la compagnia che se vol

'ndar drìo i fati nostri, star siti

par conto suo, e no a l'osteria

de ogni sera, 'ndo che par colmo

de fantasia l'è scrit su u carton

"oggi pinza e vin buon"

- i stessi ch'i véa da novembre

co'l mandolato e'l paneton

e doman te li tira drìo

par poc e gnent, par pinìr el bancon

de ovi de cicolata e de colombe.

 

 

 

Elisa Biagini (1970)

DA CORPO. CLEANING THE HOUSE (2003)

 

lucky

è questo l'uovo

con 2 rossi,

- spaccato, come

fosse Pasqua -,

2 le pozze di

me, rossi capelli,

 

rosso midollo,

2 specchi /

 

bocche per

mangiarmi meglio.